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il social dell'orrore

Trame di disgusto in giro per la rete, ovvero:

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le clickbait, i social network, i gggiovani e l'immondezzaio della rete che ci soffoca tutti

Diciamoci la verità. Essere nati negli Anni '80 sempre più ci rende dei vecchi di merda. Ma va bene così. E lo so che ogni-singola-fottuta-generazione-vivente è convinta di aver avuto il meglio, di essere la migliore, e criticherà tanto quelle precedenti quanto quelle successive. L'uomo sarà pure un animale sociale ma, in quanto animale di merda, è incapace di vedere al di là della propria esperienza.

Mi sembra di sentire l'esercito delle vocine dei "eh, ma non è sempre così, ci sono le eccezioni eccetera". Qui non stiamo parlando di eccezioni. Qui stiamo generalizzando. E in generale, la razza umana è una razza di merda. Perciò non rompete i coglioni con le eccezioni, o parto per la tangente delle citazioni, tipo "una persona è matura, la gente è un animale ottuso e pericoloso". Oppure "siamo i figli di mezzo della storia, non abbiamo né uno scopo né un posto" eccetera eccetera.

E senza sprecare un'altra pagina e mezzo di aria fritta per arrivare al succo del discorso, vi dico che questo articolo era nato in realtà come una difesa di Wattpad, un sito di pubblicazione di racconti online, gratuito, dove m'ero illuso di potermi costruire un pubblico di lettori. Una specie d'Isola Che Non C'è per i bimbi sperduti tra gli aspiranti scrittori che vivono (o vivacchiano) in noi e tra di noi. Per me è stato l'anticamera (freddo, oscuro e deserto) all'apertura di questo sito. Ma Wattpad non è un vero social network, è più simile a una rete di blog personali interconnessi, rete in cui non è richiesto nessun particolare talento per pubblicare - nemmeno quello della correttezza grammaticale(!)

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Qualche tempo fa mi ero lanciato in un'appassionata difesa di Wattpad e del suo spirito, in risposta a uno stupido articolo che m'era capitato di leggere e che demonizzava Wattpad come il più pericoloso dei social network, cosa che evidentemente non è (essendo pure sconosciuto al pubblico mainstream italiano). Nel 2018, se cercavate Wattpad su Google vi appariva un articolo intitolato "Wattpad: l'app che attrae gli adolescenti e spaventa i genitori."

Già il titolo sarebbe sufficiente a farmi partire per la tangente sulla brutta gente che scrive su internet. No, non quelli che scrivono su Wattpad, ma quelli che lo criticano. Lo sappiamo tutti che la rete è una fogna e tutti ci sentiamo autorizzati ad aggiungere un escremento in più, fiduciosi che nessuno tirerà mai lo sciacquone, dandoci il tempo di conquistare un minuto di gloria.

Ma perché dare tanta importanza a un articolo del genere? Forse perché nel 2018, prima dell'ulteriore interesse suscitato dal sito, l'articolo spaventevole su "l'app che spaventa i genitori" stava in cima ai risultati. Oh, io non sono uno che prende per oro colato quello che scrive il primo coglione in rete, in quanto coglione, invito i miei lettori a non farlo con ciò che scrivo in questa sezione sulle opinioni. Il punto è che l'articolo (se avete pazienza di leggerlo) è un ottimo esempio di superficialità e assenza di comprensione della rete come mezzo pubblico. 


Stando alla data su Google, l'articolo era del 10 febbraio 2017. Sì, è buona regola controllare sempre le date di ciò che andiamo a leggere. 2017 dunque, decisamente troppo recente per la visione vetusta espressa nell'articolo, che pare cadere dalle nuvole come se internet e i social network fossero una novità assoluta. Il fatto che sia citato Wattpad piuttosto che un qualsiasi altro servizio è secondario, la mia critica va più in generale al tono dell'articolo e ai suoi presunt(uos)i contenuti. 

Ora, sorvolando sulle intenzioni di chi ha scritto l'articolo e del sito che lo ospita, cui si concede la riserva delle migliori intenzioni, c'è da dire qualcosa in merito. L'articolo è un puro e semplice CLICKBAIT. Personalmente detesto i titoli "clickbait", ovvero quei titoli che hanno il solo scopo di attirare l'attenzione - e in questo caso, missione compiuta - per adescare il lettore.

Per chi non lo sapesse, Click-bait significa esca-da-clic. A livello linguistico, i clickbait hanno nel loro titolo sempre una parola ad effetto. Nel caso specifico la parola è "spaventa", "spaventa i genitori" è l'esca per spingere i genitori e gli "adulti" (virgolette sempre d'obbligo con questa parola) a leggere. "Oddio" penseranno i poverini "cos'è che dovrebbe spaventarmi? Che paura, presto presto, devo leggere per vedere se spaventa anche me!". Si cerca di far leva sui bassi istinti, un titolo che fa riferimento all'ira o alla rabbia attira il lettore affamato d'incazzature, o di intenerirsi laddove si fa leva su qualche dramma, vero o presunto. E' un po' la storia lercia e puzzolente dell'informazione online nel nostro Paese da un decennio a questa parte, ma qui il discorso si fa più ampio, e decisamente più lercio.

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I clickbait hanno in genere un tono allarmistico, più che sensazionalistico, preso in prestito dal giornalismo, o dall'idea di ciò che il giornalismo dovrebbe essere. Un esempio facile facile su come trasformare una notizia in una clickbait più efficace. Tizio Famoso n°5 ha il cancro. Ora, i volti famosi sono di per sé delle clickbait, perciò basta creare una fiestrella con la foto del Tizio famoso e scriverci sotto "Cancro". Altro espediente di solito è mettere un accattivante punto interrogativo per instillare dubbio, e quindi curiosità. "Cancro?" ovvero, questo Tizio Famoso ha il cancro? Tuttavia le clickbait si sono evolute, per paradosso attraverso la semplificazione, rendendo sempre più labili e sfumati i contorni. Così invece di mettere la parola "cancro", troppo specifica, si usa "dramma". Più vasta nel significato, dramma può essere qualunque cosa. Nell'ottica delle clickbait, il dramma spazia dalla morte al brufolo sulla fronte della superstar di turno.

Si dice che il giornalismo sia la capacità di trasformare una notizia in un titolo. La diffusione dei social network e delle informazioni in rete attraverso i link ha reso necessario, oltre alla creazione dei titoli, la necessità di renderli il più accattivanti possibile. Peccato che lo scopo dietro ai titoli sia, più che informare, raggiungere un tot di visite e di clic per questioni commerciali e di sponsor.

Succede così che per trasformare (o creare) qualsiasi notizia, a prescindere dalla sua natura o importanza, sia nata quest'attitudine - rivoltante - di pompare un titolo con parole ad effetto. E siamo ben lontani dalle sottigliezze e giochi di parole che si possono trovare nei titoli della carta stampata, per chi ancora legge i giornali...

I titoli clickbait infestano non più solo i social network ma qualsiasi genere di pagina internet, sono spesso associati a contenuti commerciali, ed usano parole come: "shock, rabbia, l'ira di Questo, la rabbia di Quella, Codesto rischia, il dramma di..." e così via. Un'infinità di titoli usa questo principio, e non lo fanno solo i blog e i siti più dozzinali, ma anche quelli che possiamo trovare nelle pagine online di molte testate giornalistiche giudicate "serie".

 

Il pippone sulla "clickbait", anche se richiederebbe un discorso più ampio e articolato, era doveroso, perché la clickbait di solito cerca di creare attenzione, e di creare una notizia anche laddove non ce n'è una ma si vuole solo attirare l'attenzione per dare visibilità alla pagina.

E giusto per una lezioncina al volo, un altro sistema in uso in rete è... beh, ve l'ho appena fatto sperimentare. Il grassetto. Il grassetto mette in risalto una parte del concetto che si vuol far passare con più forza, per attirare l'attenzione. Il guaio però è che si tende a sorvolare sul contesto della frase e dell'interno articolo, fermandosi a ciò ch'è in bella vista. Quante volte ci si ferma al titolo di un articolo senza leggerlo? Il principio è lo stesso. Certo che se l'autore è iperlogorroico (alzo le mani e annuisco: colpevole!) la tentazione c'è. E ci sta, siamo umani. Dove non ci sta è se andiamo a farci le opinioni su parole prese a caso e decontestualizzate (parolone), così la superficialità chiama superficialità, in un gioco al ribasso che ci rende tutti un po' più rincoglioniti.

 

Tornando all'articolo becero contro Wattpad, ammetto di non conoscere la community del sito tanto da poterla analizzare, ma per quanto ho potuto vedere si tratta di qualcosa di troppo vasto ed eterogeneo per puntare l'attenzione ai soli adolescenti. E magari non merita neanche una gran difesa se ogni autore si ritrova la bacheca infestata di falsi complimenti che invitano alla lettura dei propri testi, esattamente come succede su YouTube con caterve di false cortesie che celano solo richieste d'attenzione (e d'iscrizione), del tipo: "bello il tuo canale, vuoi iscriverti?", ecco su Wattpad è un insincero "bello il tuo racconto, vieni a leggere il mio?"

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Perciò forse Wattpad è solo infestato dai ragazzini come uno stagno dalle zanzare, ma continua ad interessarmi l'accusa allarmistica, il "Wattpad spaventa".

Un servizio che mette online racconti spaventa. In una nazione come l'Italia in cui si legge sempre meno, spaventa! E non è che in Italia "non si legge" perché è un luogo comune:

"6 italiani su 10 non leggono" dice un articolo da "ilcorriere.it" un calo ai livelli del 2001.

La tendenza al ribasso dei lettori in Italia è certificata dall'Istat, che fa registrare il calo dal 42% nel 2015 al 40,5% del 2016" (ANSA). Eppure,  dice ANSA, i giovani leggono più di tutti.

Ma Wattpad spaventa. Spaventa i genitori - che probabilmente non leggono - riguardo al fatto che i figli possano leggere, e che un giorno, volesse il cielo, saranno un po' meno deficienti di chi (non) li ha educati, di chi vive di un'ignoranza fatta di sole opinioni non costruite sull'informarsi e sullo scambio di punti di vista al di fuori dello streaming a senso unico della pattumiera televisiva, o dell'uso a cazzo di cani che fanno le generazioni più stagionate dei social, scambiandosi video imbevuti di volgarità per due risate da cazzoni, e slogan elettorali da gridare sotto la curva nord. Ovviamente tutti ignari e ignavi rispetto a casi internazionali come Cambridge Analytica, e inconsapevoli di come i social network possano influenzare pesantemente le opinioni di chi si ferma ai titoli altisonanti delle clickbait, senza impegnarsi a confrontare le notizie su fonti diverse per cercare la verità nel gran pattume di cazzate. Ma sono i racconti a spaventare, e i diari personali degli adolescenti. Come se i diari non fossero mai esisti, e fosse una novità il "disagio giovanile" ('st'espression'e'mmrd non c'abbandonerà mai regà, rassegniamoci).

Preoccupa che gli adolescenti possano leggere, e su internet per giunta! Sa-cri-le-gio! Come fosse un danno il mezzo più che la sua sostanza, e qui consentitemelo, è frutto dello snobismo vecchio di chi ha studiato solo sui libri. E scandalizza e preoccupa che gli adolescenti non solo leggano, ma scrivano anche! Come osano costoro? Piccoli squallidi ignoranti? Dopo averci massacrato i cosiddetti per decenni sullo stupro della lingua italiana dovuto agli abbreviativi degli sms, e agli #ash#tag# di Twitter, com'è che diventa brutto o pericoloso che gli adolescenti si prendano la briga di scrivere pensieri e racconti articolati, scambiandosi anche pareri sull'uso della lingua italiana e della forma scritta, chiedendo pareri e cercando di migliorare? Oh, ma viviamo nello stesso mondo? Quello stesso mondo in cui un'elevata percentuale di persone munite di licenza media non è capace di coniugare un verbo in una pagina Facebook da qui all'eternità?

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Nel pur breve periodo in cui ho usufruito di Wattpad ho visto: utenti desiderosi di pareri, anche tecnici, e di attenzioni certo, lo siamo tutti noi aspiranti scrittori. Io sono sempre di parte eh, ma lo trovo più sensato della spasmodica necessità dei "Mi piace" su Facebook.

Sono il primo a riconoscere che la rete è una gigantesca pattumiera, ma dal letame nascono -  certo, pochi - fiori (Cit. De André). E la vera sfida del nostro tempo dovrebbe essere educare all'uso della rete e dei suoi contenuti utili, piuttosto che demonizzarne in modo universale e indiscriminato i servizi, giusto perché fa notizia. Andrebbero valorizzati gli aspetti positivi, dandogli la visibilità che meritano, perché parlandone e facendoli conoscere si può meglio combattere quelli negativi. Facebook forse non spaventa i genitori perché lo usano anche loro, a differenza di Wattpad. Ma sono più spaventato dall'uso che gli "adulti" fanno di Facebook di qualunque uso facciano gli adolescenti di siti in cui si scrivono e leggono racconti, che sono poi scambi di esperienze e visioni del mondo, magari abbozzati e imperfetti, ma più sani delle catene di Sant'Antornio sulle false indignazioni a sfondo politico.

E ancora, ciò che fa scalpore di Wattpad è l'anonimato, e la creazione di identità alternative, più del pubblico mercato della propria vita privata che viene esaltato e mercificato con la complicità dei mezzi d'informazione tradizionale. Ed anche il tema dell'identità in rete richiederebbe analisi sociali infinite, mentre in quell'articoletto dei presunti osservatori dell'adolescenza non se ne fa che un'abbozzata citazione. Più dei giovani che scrivono i loro pensieri e storie, come hanno sempre fatto da che esistono i blog e i forum, mi spaventano di più le infinite code di commenti che possiamo trovare sotto qualsiasi articolo, in cui chiunque nascosto dietro a una tastiera può vomitare il proprio peggio, ergendosi ad esperto, giudice, giuria e potenzialmente boia. Prendete un articolo a caso dal sito di un giornale, scorrete la lista dei commenti e date un'occhiata ai flutti di melma che vengono sparati impunemente e senza ritegno. E facciamola lì una bell'analisi e censimento dell'età media di chi spruzza merda e odio verso qualsiasi cosa, contro i politici, l'Europa, gli immigrati, i calciatori, le ONG, i cibi grassi, gli zuccheri, L.G.B.T., i mangiacarne, gli evoluzionisti, ecc.

 

Pausa caffè.

 

Bisognerebbe anche fermarsi a considerare il modo in cui oggi certo "giornalismo" (che sofferenza usare questa parola in tale contesto) non faccia che riprendere contenuti pubblicati sui social network, quasi glorificando la messa in piazza della vita pubblica, o del desiderio compulsivo di dire tutto ciò che passa per la testa senza curarsi (come fanno molti politici) di fornirgli il minimo contesto e sostanza di contenuti. Una volta giornalismo significava andare in giro a fare domande, a rubare una dichiarazione, spingere qualcuno a parlare tramite domande sensate. Oggi questo si fa in minima parte rispetto al pedissequo riprendere le dichiarazioni sparate in rete a senso unico. Oggi, buona parte del giornalismo non fa più domande, è diventato una sorta di pappagallo che amplifica la visibilità delle pagine Facebook, Twitter, Instagram, lo fa con la stragrande maggioranza dei personaggi pubblici. E questo non fa che accrescere lo strapotere mediatico dei social network, in una perenne riconferma della loro influenza.

In tutto questo, i genitori devono preoccuparsi che i figli possano leggere racconti su internet, usando un'app in cui possono, pensate un po', usare un nickname per celare la loro identità. Terrificante. Rispetto ai vari Facebook e Twitter, dove la concezione della privacy è a dir poco vicina allo zero, e relativi rischi dovuto alla rete dei contatti e l'esposizione a contenuti spesso non richiesti, con un bombardamento di link e info dai propri contatti, wow, cazzo se una app in cui si può stare in anonimato, spaventa! Che poi, sembra quasi che questa cosa dell'anonimato l'abbiano inventata su Wattpad, mentre è sempre esistita da che esistono i forum, in cui si possono avere dieci identità diverse in dieci forum diversi, e stessa cosa vale per i blog, o per i videogiochi (zitto! vuoi svegliare i can che dormono sui videogiochi? Ssshhh!)

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Mondi sommersi (tutti da scopri-i-reee)

 

Girin' girando torniamo ad analizzare, noi che non siamo laureati - io non lo sono, e voi? - l'articolo scritto da qualcuno che, sarà laureato? Non lo sappiamo. Sappiamo che il sito è gestito da tanto di Dottori. Che poi questo Osservatorio Nazionale Adolescenza, nel titolo e titoletti dei vari sottocapitoli pare demonizzare Wattpad, senza farlo davvero. Mantiene un vuoto clima allarmistico nel descrivere questo come un mondo fosco, e foriero di brutti inganni, celatore di vicoli bui e maleodoranti. Spara poi qualche frase estemporanea in cui il contenuto non è totalmente accusatorio ma lo tiene sotto una cappa di negatività con frasi tipo "cela al suo interno un lato oscuro e un mondo sommerso, che allarma, e non poco, i tantissimi genitori che scoprono Wattpad".

Quale sia questo lato oscuro, e questo mondo sommerso, l'articolo non lo spiega. Perché se il lato sommerso sono i disagi, il bullismo (anche cyber), o i contenuti pruriginosi, nel paese in cui "100 colpi di spazzola" diventava un bestseller nel lontano 2003 (ricordo un recensore definire Melissa P. un'adolescente dalla sfrenata fantasia sporcacciona), e in cui le sfumature di grigio rosso e nero riempiono le nostre librerie, signori, alzo le mani e me ne vado ("No Maria, io esco" Cit.)

Ogni tanto qualcuno si sveglia e fa nuova una questione che è vecchia di decenni, solo perché nel frattempo dormiva. O studiava il tempo in cui le dinamiche della società mutavano più lentamente (forse) ed ora tutto esplode in uno schiocco rapido come le dita di Thanos. I "mondi sommersi" non sono quelli cantati dai Litfiba (avete mai ascoltato quel disco? ascoltavatevelo!). Ma mi fa rabbrividire che si parli di mondi sommersi che sembrano apparire oggi quando parliamo di problemi vecchissimi, più che decennali. Perché il malessere, la depressione, il bullismo, sono cose vecchie e plurigenerazionali. Il prefisso cyber ha parzialmente aggiornato il problema, ma non credo l'abbia fatto crescere rispetto a com'era già. Oggi fa scalpore se delle ragazzine bullizzano una compagna, ma la cosa diventa reale solo se qualcuno ha ripreso la scena col telefonino. D'improvviso scoppia il caso, come se il problema sia nato in quel momento, e non fosse successo una, dieci, mille volte nei dieci, quindici, venti anni precedenti. E non sarò io a dire che i problemi sono sempre uguali e non stiano crescendo e diffondendosi, ma vedere presunti esperti che si svegliano domani e sgranano gli occhi davanti ad un nuovo problema, mi rende pessimista sul fatto che ci sarà mai una soluzione, se ci si sveglia sempre così tardi chiamando novità qualcosa di vecchio, radicato, e le cui dinamiche sono in corso e in mutamento da lunghi anni. Cari Osservatori Nonvedenti Avulsi dalla realtà, nessuno vi ha detto quando correre e voi avete perso lo sparo di partenza (Cit. Time, Pink Floyd), e siete così fuori allenamento che non solo non tenete il passo, ma ve ne state sulla linea di partenza a guardare i problemi mettere sempre più distanze tra voi e le soluzioni (se soluzioni esistono, ma capire sarebbe già un passo avanti).

Ai mondi sommersi di melma si sopravvive resistendo, e alla fin fine si resiste da soli, o sostenendosi tra simili. Sì, anche scambiandosi brutte esperienze, qui su internet o altrove. Tutti gli osservatori di questo mondo restano appunto osservatori: è la caratteristica dell'osservatore guardare a distanza, dall'alto. Per capire i problemi serve gente con la volontà di immergervisi dentro, e quelli non si svegliano una mattina puntando il dito sui nuovi mondi sommersi. Non tutti possono farlo, né finiscono per avere la volontà di farlo, perché magari hanno consumato le forze per sopravvivere a loro volta, e fuori dalla melma tutto ciò che vogliono è tirare a campare, senza combattere il problema in prima linea - ed è lecito sia così. Ma mi piace pensare che questi sopravvissuti almeno non guardino dall'altra parte, e non si sveglino una mattina di domani scoprendo un problema che loro hanno già conosciuto, e bene, sulla loro pelle. Magari la colpa maggiore dei sopravvissuti è il silenzio, ed è questo silenzio a far sì che tutti gli altri, incapaci di ascoltarlo (che si sa, è il grido più forte, Cit.) abbia reso tutti sordi. Eppure è al silenzio che ci si dovrebbe allarmare più di tutto. Ma strumenti come i blog e servizi simili, come anche Wattpad, se tolgono spazio al silenzio siano benvenuti, e  invece di demonizzare il mondo sommerso delle violenze e del disagio, che qui trova il suo spazio e il suo sfogo, si dovrebbe guardarlo ed ascoltarlo, e vederne l'emersione come qualcosa di positivo. Ma è dura di fronte a chi è anestetizzato da anni di sporco nascosto sotto il tappeto, di fronte ad osservatori sordi e miopi. Io non mi stupisco di fronte alla melma che sale in superficie, e non mi coglie alla sprovvista perché ho conservato un paio di stivali belli alti, che a volte non bastavano per non ritrovarsi immersi fino alla cintola. E non li ho buttati quando hanno messo di servirmi. Servono da promemoria, aiutano a ricordare il passato e capire il presente. Ma certo è più difficile per chi quegli stivali non ha mai dovuto procurarseli, non li ha dovuti indossare e non ha dovuto arrancare per uscire dalla palude.

Così, l'Osservatorio Nazionale Adolescenza spiega ai genitori che in Wattpad c'è tutto un mondo sommerso che allarma.  E Facebook allarma? Twitter allarma? E WhatsApp? Google non allarma? Pare persino che il colore arancione di Wattpad sia pericoloso (complementare del blu-facebook più tenue e rasserenante) e colpevole di attirare tanta attenzione.

Altro capolavoro il secondo capitoletto dell'articolo: "Ma perché i giovani sono tanti attratti da questa app?" Ma quanto lo sono? Quest'attrazione selvaggia che li tiene lontani, pare, da cose più sane, è un'attrazione superiore a quella esercitata dai reality show, dai talent, dalle serie tv, dai fumetti, dai videogiochi, da qualsiasi cosa che fa parte degli interessi e della vita di una persona?

Giuro che, con tutta la buona volontà del mondo, leggendo l'articolo, faccio davvero fatica capire dove voglia andare a parare. Da un lato, pare che scrivere dei racconti dietro anonimato possa essere di chissà quale danno per gli adolescenti, o che, ancora peggio, sia per "loro" ancora più pericoloso leggere (!) i racconti degli altri perché i racconti "possono colpire più di una foto". "Loro" poveri adolescenti, di cui parlare come fossero una specie diversa da osservare, come se chi parla di adolescenza non ne abbia mai avuta una e non se la ricordi affatto.

Ma fatemi capire: vi è mai capitato di essere stati bersaglio di critiche perché passavate le ore a guardare un film, una serie, leggere un fumetto, e sentirvi rivolgere da qualche sedicente adulto (generalmente sono i parenti a farlo): perché non leggi un libro? E magari sarà successo solo a me, ma tutti quelli (e quelle) che mi facevano questo tipo di osservazione, non li ho mai visti con un libro in mano in vita mia. Una volta leggere era buon segno. Però anche no, bisogna che sia un libro, cartaceo, e di qualche autore morto, possibilmente classico e noioso ai limiti del suicidio. Ecco perché no, i fumetti come lettura non valgono. Nossignore. I film, come forma di cultura, non vengono considerati da tanti adulti (sarà per questo che il cinema italiano sforna tanto pattume? Colpa del pubblico o dei produttori? Nasce prima l'uovo o la gallina?). Dunque i racconti di Wattpad possono essere pericolosi perché "i giovani non hanno filtri e possono venir colpiti troppo a fondo da ciò che leggono". Qualcuno mi spari in un ginocchio dài, perché non ce la faccio a commentare questa roba qui.

Il fatto che questo articolo sembri scritto da gente che probabilmente, oltre a non avere la minima idea di che cazzo voglia dire essere adolescenti (oh, e io ve lo dico ma ne sono fuori da un pezzo), sembrano anche non avere la minima idea di come funzioni la rete. Il linguaggio usato sembra in bilico tra chi sta descrivendo una materia che gli è estranea ad un popolo di mentecatti - i genitori di questi adolescenti - per cui la materia è altrettanto oscura. Insomma, come se mia nonna venisse a conoscenza del Signore degli Anelli e provasse a spiegare a mio zio che la Terra di Mezzo, preoccupata che i nipoti scemi possano mollare la scuola per andare a vivere nella Contea, o diventare satanisti al soldo di Sauron.

Non mi spiego quel senso di stupore al crearsi di "vere e proprie comunità online", che è una roba vecchia quanto la rete stessa (per questo è nata!), e che dimostra quanto gli osservatori cosiddetti adulti, e coloro che sono deputati ad analizzare questi fenomeni (a livello medico, sociale e politico) siano fuori tempo di un decennio, se gli va bene. O almeno, lo sono quelli le cui conclusioni sono allarmistiche, perché ovvio - e terribile - che chi il tema lo studia in modo approfondito e si addentra nella complessità, raramente riceverà lo stesso spazio. Perché la complessità è nemica della fruibilità, in rete come in tv. Gli autori allarmisti mi danno l'idea tizi di spettinati, professori appena svegliati che si ritrovano in un mondo in cui vagano ad occhi sgranati e bocca semiaperta. Tipo: "oooh, hai visto in quel sito? I ragazzini scrivono racconti, storie violente! Ma è terribile! E storie che parlano di sesso! Oh no! La corruzione, la corruzione è in agguato! Dobbiamo salvarli da loro stessi, e dobbiamo aiutare i loro genitori a capire quanto è pericoloso che scrivano e leggano questi racconti!"

Quando si parla di rete e di social network, gli analisti sembrano arrivare lì arrancando, sforzandosi di far coincidere la loro preparazione classica - rispetto, per carità - con dei fenomeni nuovi, che sono esplosi nel giro di pochi decenni, ed hanno coinvolto classi sociali a cui questa gente, evidentemente, non appartiene. E lo conferma il fatto che i più identifichino l'inizio di queste grandi rivoluzioni con la nascita di Facebook, o degli altri social network similari, guardando agli ultimi dieci anni senza rendersi conto che il seme è ben più antico. Prima c'erano i forum, i blog - ci sono ancora - e le comunità online sono vecchie quanto la rete stessa, ad essere cambiata è la diffusione e l'accessibilità.

Tornando all'articolo sui danni potenziali di Wattpad, ciliegina sulla torta è il fatto che a renderlo tanto sinistro sarebbe il fatto che "si possono leggere storie di ragazzi che si sentono soli, che hanno subito violenza, bullismo e cyberbullismo, che arrivano a farsi intenzionalmente del male e a pensare anche al suicidio, come ultima soluzione ai loro problemi." Immagino che shock apprendere questo, per i cosiddetti adulti.

Si fa sembrare il racconto il vero problema, e non che la società produca adolescenti soli che vengono isolati e subiscono violenze e bullismo. E' terribile che questi adolescenti (visti sempre come creature aliene, lo ripeto perché la sensazione che mi ha dato l'articolo è stata questa in ogni passaggio, giusto per non farli sentire ancora più soli!) scrivano di queste cose, e il rischio appare l'esternazione del danno più che il danno stesso. Magari sono io troppo prevenuto verso questi analisti, sbaglio io che tendo alla tontizia. O si dice tontaggine? Dalle mie parti la chiamiamo tontesa.

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La chiosa finale dell'articolo pone l'accento sul fatto che i giovani "sono potenzialmente a rischio di essere invasi da certi argomenti e tematiche", che a conclusione del discorso come impostato, pare essere causato da Wattpad e dalla sua pubblicazione di contenuti truculenti e scabrosi da parte dei giovani. Ma questi contenuti sensibili che possono corrompere le giovani e fragili menti, nello stesso articolo non appaiono partoriti da loro stessi? E allora gli adolescenti sono creature malate che vanno educate a non scrivere cose pericolose che rischiano di contagiare i soggetti sani? Bisogna dunque stare attenti ai contenuti che possono impregnare i giovani attraverso la lettura di un racconto, che può essere di fantasia o di un'esperienza personale (e chi, cari professoroni, è capace di distinguere tra le due cose?).

La chiusura sui genitori che dovrebbero conoscere "opportunità e rischi delle varie app e l'uso che fanno i figli dello smartphone" sembra il paternalistico consiglio di un cieco che spinge il bambino ad attraversare sulle strisce... in autostrada. Per chi non lo sapesse, in autostrada non ci sono strisce pedonali. Ci sono i tir. E ce ne sono tanti.

Il fatto è che una enorme fetta dei genitori sono totalmente incapaci di educare i figli all'uso delle tecnologie, non per fargliene una colpa ma semplicemente sono i primi a non avere la minima idea di COME usarle! Tutti i giorni mi vedo circondato da persone di vari gradi di senilità che maneggiano smartphone e computer e vanno dietro alle porcate ed alle idiozie che girano sui social network e su WhatsApp. Gente che non è in grado di consultare un motore di ricerca scremando i risultati enciclopedici da quelli commerciali, di distinguere tra un sito utile e uno di spazzatura, tra un forum e un sito professionale. Tutta gente che si ferma al titolo di un articolo (vedi discorso sul clickbait) che dà per scontato che ogni cosa che legge sia attendibile perché la sta leggendo su un dispositivo elettronico (retaggio atavico di chi è cresciuto con la tv), senza rendersi conto di essere non un individuo che si sta informando, ma un soggetto passivo bombardato da interessi commerciali e politici di soggetti di cui può perfino ignorare l'esistenza, soggetti che passano il loro tempo a cercare di manipolare l'utenza.

Il mio non è allarmismo, oscurantismo, o complottismo. E' un dato di fatto. La pubblicità nasce per manipolare i desideri e i pensieri delle persone e trasformarle in consumatori. La politica manipola i pensieri e le percezioni per trasformarle in elettori. Pochi veri idealisti si pongono in modo disinteressato verso l'opinione pubblica allo scopo di aiutarla ad avere coscienza di sé, una volta si chiamavano giornalisti, divulgatori scientifici, intellettuali. Ed io non sono uno di questi, non sono qui per aprire i vostri occhi, sono qui perché anch'io voglio la mia dose di attenzione, di visualizzazioni, di preferiti, che possano trasformarmi un giorno in un fenomeno editoriale capace di fare dei soldi. Così, giusto per non passare per un buon pastore, o un moralista pio e devoto dell'ultim'ora. Però non vi chiedo di essere d'accordo con me, ma di fare lo sforzo necessario a trovare le motivazioni per esserlo o meno, e che quelle motivazioni siano fondate non sul pregiudizio, non su preconcetti, ma su quanti più puntelli possibili di contenuti e informazioni raccolte da molteplici fonti. Io posso dire cazzate ("Sì, io posso" Cit. Buzz Lightyear). Inventare racconti non è un modo d'essere diversamente bugiardi? Ma è anche un modo d'essere diversamente comunicativi, diversamente sinceri.


Finale


Ogni discorso, arringa, o lungo pippone (leggi anche: sega mentale), deve essere in qualche modo conclusivo. Perciò a tutto 'sto marasma devo dare una conclusione, e non c'è niente di meglio d'una pioggia di ovvietà: la tecnologia si è evoluta più rapidamente delle persone, della loro capacità di assorbirla e comprenderla. Alzi la mano chi non fa una fatica fottuta ogni santa volta che vuole cercare informazioni chiare e certe su ciò che gli interessa. Ecco, chi ha alzato la mano probabilmente è messo peggio di tutti gli altri, perché o è davvero un fenomeno o mente non sapendo di mentire. Si fa una fatica boia a giostrare nel mezzo di questo caos d'informazioni e bugie e mezze verità che ci circondano, ma è sempre rassicurante leggere un racconto sapendo che di questo si tratta: un'opera di fantasia. O se si tratta di un qualcosa di biografico (e di nuovo, chi può distinguere davvero?) ed autentico, è pur sempre un racconto.

Uno scrittore, un qualsiasi artista per quanto mediocre, è sempre onesto nello spacciare la sua verità senza pretendere che gli si dia ragione, o che rappresenti chissà quale soluzione bella pronta al consumo. Chi scrive apre se stesso e dice: ecco, questa è la mia storia. Non è la verità universale, è ciò che voglio comunicare. Perché qui di comunicazione si parla, in tutte le sue sfaccettature, ma ancora una volta è come affacciarsi ad un mare su una zattera.

Compito dei cosiddetti adulti, di genitori, insegnanti, dovrebbe essere fornire strumenti educativi che permettano di comprendere la realtà e filtrarla. Ma la società attuale ci dimostra che non possiamo più contare su genitori e insegnanti. Il tempo corre troppo veloce, studi un problema e quello cambia pelle, faccia e forma. Senza rendertene conto stai parlando di qualcosa di vecchio. La circolazione delle informazioni, oggi, è responsabilità collettiva. Ed è un cane che si morde la coda.

Chiudo su Wattpad e qualsiasi altro social network che dia l'opportunità di esternare le proprie esperienze: se a spaventare è l'assenza di filtri, è quell'assenza a permettere di guardare la società per ciò che è. Spaventarsi all'incapacità di come vengono assimilati determinati contenuti, siano essi racconti, piuttosto che film, fumetti, videogiochi o perfino canzoni, è un'ammissione d'incapacità educativa mostruosa. Ma spaventarsi perché "su internet ci sono le cose brutte" è un ragionamento fallato all'origine: qua ci sta la merda perché siamo noi a metterla. Non nasce dal nulla.
Il problema non riguarda solo gli adolescenti, se gli adulti usano computer e smartphone come fossero giocattoli. Sì, gran parte della rete è un letamaio, è un ritratto, un video, una narrazione del letamaio che ne sta al di fuori, e che diventa reale solo quando vista attraverso uno schermo.

Meglio munirsi di una pala.

"Shovel yourself out of the shit!" (Cit. Dr. Jacoby)

(Spalatevi fuori dalla merda!)

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Se c'è qualche eroe o eroina arrivato/a a leggere fin qui, immagino di dover rispondere all'ovvia domanda: "perché prendersela per un articolo di merda?"
Non è per l'articolo in sé ma per ciò che rappresenta, in un mondo in cui il giornalismo è cambiato, in cui la rete e tutte le sue cazzate possono dominare il "pensiero comune", in cui tutto  nelle mani della persona sbagliata può essere preso per oro colato, oppure travisato e demonizzato in una Nazione in cui l'analfabetismo funzionale è piaga pericolosa quanto l'evasione fiscale. Perciò lasciatemi il diritto di non prendermi sul serio, insieme al diritto di mandare a fare in culo chi scrive articoli allarmistici sull'uso di internet, in una società (come quella italiana) ampiamente impreparata alla gestione e comprensione del medium costituito dalla rete.

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