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Stai leggendo: "Braccato" di Quinto Moro

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parte I

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1° gennaio 19xx

Ho recuperato quest’agenda dal cassetto di un collega. Mi servirà per tenere il conto e, temo, come testimonianza dei miei ultimi giorni. Ho rimandato a lungo di accettare l’evidenza, ora non è più possibile. Potrei essere morto prima di domani. Se fossi più giovane e in salute potrei scegliere di lottare, affrontare il mio inseguitore, chiedergli cosa voglia e perché mi perseguita ma ho paura di vedere da vicino il suo vero volto. Le sue apparizioni sono ormai diventate una tortura snervante, ne sono così nauseato ed esausto che fatico a ricordare quand’è cominciato. Ora non ha importanza. A chi troverà queste pagine prego di consegnarle nelle mai della mia famiglia. Mia moglie si chiama Dalia D. e ha ventotto anni, abbiamo un bambino di sei. Se troverete queste pagine sul mio corpo esanime ditegli che il suo papà è morto cercando di tornare da lui. Forse quando sarà più grande capirà la verità, che sarò invece morto allontanandomi, per allontanare da lui l’orrore che mi insegue. Mi rattrista pensare che crescerà orfano, ma ha una madre coraggiosa che saprà accudirlo e renderlo forte, più forte del suo stanco padre. Cara Dalia, perdona se invece di stare al tuo fianco come promesso scelgo di affrontare questo viaggio, o meglio questa fuga, perché è giusto chiamare le cose col loro nome. Eppure sono convinto di stare facendo la cosa giusta, se allontano da te e dal piccolo la minaccia che mi sta braccando.

 

2 gennaio 19xx

Tutto inutile. Maledetto e maledetti tutti. Ora so che la minaccia è più grande di quanto pensassi, e che la corruzione e i mezzi del mio nemico sono ben al di là di quanto immaginato. Sono passato alla banca, il mio conto è stato chiuso! Ho visto un’ombra di gelido sospetto sul volto del cassiere, ha fatto guizzare lo sguardo alle sue spalle, come aspettando un ordine o dimostrare d’averlo eseguito. Ho dovuto controllarmi per non insistere e sbraitargli contro la mia rabbia.

Sono andato via in fretta. Tra la folla del marciapiede l’ho visto, il volto inumano del mio nemico. Era lì per me, si sarà goduto la scena da una vetrata della banca. Ora sa che non ho più di quel che le mie tasche possono contenere, e dovrò farmeli bastare.

Ho camminato per tutto il giorno guardandomi indietro ad ogni svolta. Ho fatto il girotondo di due quartieri per sicurezza. Dovrei averlo seminato per oggi. Al calar del sole ho iniziato a sentirmi più sereno. D’ora in poi cercherò di muovermi col favore delle tenebre, poiché di sicuro quel miserabile conta di sorprendermi nel cuore della notte. L’oscurità gli sarà amica, ma lo diventerà anche per me. Domattina prenderò il primo treno, devo allontanarmi dalla città. Troppa gente, troppe strade. Ho bisogno di luoghi più piccoli, che possa tenere sotto controllo. Mi muoverò lungo la ferrovia per un po’.

 

3 gennaio 19xx

Ho paura che quest’agenda vada perduta. Se così fosse la mia sparizione resterebbe avvolta nel mistero, e cosa penserebbero mio figlio e mia moglie, che li ho abbandonati? Certo il mio nemico non avrebbe la solerzia di far avere le memorie d’addio alla mia famiglia. Magari sarebbe felice di fare la consegna di persona, anima da chissà quale depravazione. Se ho scelto la fuga è perché non ho motivo di sospettare che sappia dove vivo. Ho bisogno di sperarlo con tutto il cuore.

D’ora in poi strapperò le pagine e vedrò di spedirle a mia moglie. Dovrei evitare persino di menzionarne il nome, ma imboccando questa strada finirei per togliere tutto, fino a rendere questi messaggi del tutto inutili. Devo conservare un minimo di speranza, adoperando le giuste precauzioni ma senza esagerare. Mi limiterò a scrivere l’indirizzo all’ultimo momento.

Dovrò fare ancor più economia, posso rinunciare al vino in favore dell’acqua, anche perché devo mantenermi desto e scattante. Oggi ho digiunato, domani farò una buona colazione e me la farò bastare. Il treno scorre più lento di quanto avessi sperato. Domani spero di svegliarmi in un territorio meno familiare. Comprerò una mappa alla prossima stazione.

 

5 gennaio 19xx

Finalmente riposo! Ieri è stata una giornata terribile. L’ansia ha mosso le mie gambe la stanchezza ha reso la nottata terribile. Ho dormito in un garage. Ho resistito alla tentazione di sottrarre viveri alla dispensa dei miei ignari ospiti. Ma andiamo con ordine.

Sono stato sciocco a sentirmi al sicuro sul treno. Il mio inseguitore dev’essere salito a bordo durante la notte, chissà a quale stazione lungo la strada, perché sono abbastanza sicuro non sia salito insieme a me.

L’ho scorto che sbirciava tra uno scompartimento e l’altro nel vagone accanto al mio, poi è proceduto oltre. Dunque l’ho scampata per puro caso! Non fossi andato al gabinetto mi avrebbe trovato e di certo sopraffatto. L’ho seguito a distanza, non potevo permettermi di non sapere dove si trovasse. Al vagone ristorante si aggirava guardingo tra i passeggeri ancora assonnati, come uno spettro. Non so come abbiano fatto a non vomitargli addosso. Fossi stato io a vedermi rovinata la colazione da quella mostruosità avrei dato spettacolo.

L’ho visto confabulare col barista che ha annuito e gli ha indicato il mio vagone. Un poco cercava di nascondere quella bocca deforme dietro al bavero rialzato e non so come faccia la gente a non notarlo, a voltarsi verso di lui disgustata e terrorizzata. Un’aura sinistra l’avvolge nel soprabito nero e liso, e quella faccia sfuggente, come una maschera di cera traslucida pare avvolta da oscuri fumi che gli danzano sul collo. Tiene una sigaretta tra le labbra solo per camuffare l’origine di quella scura nube: dev’essere tossica, un olezzo venefico che stordisce chi incontra.

Di nuovo sono riuscito ad evitarlo, chiudendomi nel gabinetto delle signore stavolta. Ho dovuto farne una prigioniera fino alla stazione successiva, ché trovandomi avrebbe strillato se non le avessi tappato la bocca. Mi avrà preso per un maniaco prima e per un delinquente poi. Hanno bussato alla porta e sono convinto che fosse lui. Non ha detto nulla. Dio solo sa se è in grado di parlare. Non sono sicuro ci sia qualcosa di umano in lui. Sono sempre stato un uomo di scienza, ma è scienza anche l’accettazione che le convinzioni non possano essere immutabili oltre certe evidenze. Dopotutto la scienza progredisce smentendo se stessa. Immagino la scienza potrebbe spiegare il suo aspetto orribile e i suoi talenti sovrannaturali, se solo avessi gli strumenti per confutarli ne godrei. Per ora devo arrendermi alla sua presunta origine, beh, anormale, se non voglio lasciarmi violentare da quest’essere tanto da definirlo “demoniaco”.

Non so con quali propositi, ma non ho dubbi mi stia braccando. Ricordo con ansia ancora viva la sua prima apparizione, dall’oscurità del corridoio presso il mio ufficio. Mi si è avventato contro, il soprabito svolazzante come il sudario d’un grottesco beccamorto, e il verso distorto della sua bocca, un suono inarticolato che si trasformava, chiarificandosi, nel mio nome. Gli ho chiuso la porta in faccia e l’ho sentito grattare come un animale, poi i pugni, sempre più furiosi. La sua voce, che per quanto distorta non sembrava uscire da bocca umana, si modulava al crescere dei colpi. Sono fuggito dalla finestra, giù per la scala antincendio. Dio benedica le scale antincendio, un anno fa sarei rimasto intrappolato. Certo è ridicolo si sia trasformata in una ferraglia rugginosa nel giro di così poco tempo, ho creduto di cadere giù per come ballonzolavano i puntelli e quant’erano malconci i gradini.

Nonostante quel primo, grande spavento, m’ero voluto convincere si trattasse solo di un pazzo, attribuendo il bizzarro aspetto del losco figuro alla troppa stanchezza e troppe sigarette. A volte mi danno il mal di testa. È curioso pensarci ora, ma da quando ho iniziato a scrivere questi appunti non ne ho ancora fumata una. E sì che ho accumulato più tensione e stress in questa settimana che in trent’anni di lavoro. Ma tanto meglio, una spesa in meno a cui dover pensare, sempre non mi prenda quella morsa al petto, simile a un cubetto di ghiaccio ingollato tutto intero. In ogni caso cercherò di resistere, risparmiare sul tabacco potrebbe rendere più efficacie la mia fuga in treno. Sceglierò per destinazioni più lontane, anticipando la discesa di una o due stazioni, cercando tra la folla chi scende e chi esce. Ieri il mio inseguitore ha rivelato le sue sorprendenti abilità intercettandomi a viaggio inoltrato, a qualche centinaio di chilometri da casa mia. Il treno non è la soluzione più versatile per la fuga. Non ci sono strade secondarie da imboccare. Il binario è sempre il binario. Ma altri metodi sarebbero più deleteri. Le stazioni e i treni sono luoghi pubblici, anche se non credo che quell’uomo, o quell’essere, si farebbe problemi a fare, beh, qualsiasi cosa abbia deciso di fare di me. Fossi certo che il mio peggior destino fosse di finire accoltellato non starei tanto in pena. Sento che avrei un destino ben peggiore se il mio nemico riuscisse ad afferrarmi. Ho la sgradevole sensazione che se avesse voluto mi avrebbe già ghermito. Magari vuole divertirsi, mungere l’ansia e la paura come una zecca infernale. Farmi impazzire.

Ho bisogno di dormire. Forse non dovrei spedire queste pagine a mia moglie. Dalia, tesoro, crederai che sia diventato pazzo, ma è per il bene tuo e del nostro pulcino che ho voluto allontanare da voi quest’orrore, i cui contorni e forma sono ancora così sfumati, ma la cui carica sinistra mi è ben chiara. Se solo ti avessi raccontato tutto dall’inizio, avresti potuto consigliarmi. Ti chiedo perdono per averti esclusa. La tua determinazione sarebbe stata d’aiuto per affrontare le cose diversamente, oppure ci avrebbe condotti alla rovina. Nella paura, faccio la scelta peggiore, di abbandonarti col cuore spezzato e le lacrime agli ogghi. Se per ora o per sempre, non so dirlo. Non dipende da me. Se un modo ci sarà di tornare a abbracciarvi, prego Dio di riuscire a trovarlo.

Spedirò le lettere da un villaggio vicino e mi muoverò in tutt’altra direzione. Sii forte e non cedere alla tentazione di mostrare queste lettere a nessuno, l’intervento di forze esterne potrebbe peggiorare le cose, avvicinando a me ulteriori pericoli. Confido di dirti di più nei prossimi giorni, anche riguardo a quelli passati.

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