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Stai leggendo: "Ralph - Supermaxicane" di Quinto Moro

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2. Otto senza un tetto

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Charlie si grattava la schiena rotolando sul dorso di una roccia. Max masticava le ossa di pollo avanzate dalla cena. Bolly, Dado e Jack se ne stavano addossati uno all’altro per farsi caldo. Ralph stava accucciato col mento sulle zampe.

“Si sta facendo tardi” fece Ralph. La luna era alta in cielo e la notte era tiepida.

“Se vuoi dormire dormi” grugnì Max spezzando un altro osso.

“Se continui a ingozzarti d’ossa ti faranno male”

“Non hai che da provare a strapparmele dai denti”

“Piantala Max” intervenne Charlie “Ralph ha ragione, le ossa di pollo sono infide e bastarde”

“E io sono più bastardo di loro”

“Su questo non c’è dubbio” sghignazzò Ralph.

“Vaffanculo Rafano”

“Che cazzo è un rafano?” si destò Rudy.

“Una pianta” disse Ralph “Max pensa che a storpiarmi il nome mi farà incazzare”

“Non è una pianta, è una radice” disse Bolly.

“Cane di città e pure ignorante” fece Max.

“Le piante hanno le radici” sbuffò Ralph.

“Finitela tutti e due” fece Charlie rimettendosi in piedi e dandosi un contegno “Ralph ha ragione, si sta facendo tardi”

“Ralph ha ragione, Ralph ha ragione” ripeté Max scimmiottando il capobranco “gli hai dato più ragione in due giorni di quante ne hai date a me in due anni”

“Se tu ammettessi di essere un’irritante testa di cazzo ti daremmo sempre ragione” fece Bolly. Max fece per alzarsi, poi decise che le ossa di pollo meritavano maggiore attenzione.

“Pedro sta facendo tardi” disse Charlie “lo vado a cercare”

“Ci vado io” disse Ralph scattando in piedi. Non che fosse già affezionato a Pedro, il più taciturno e distaccato di tutti, ma era uno del branco e Ralph voleva fare buona impressione.

“Eccolo che studia da capobranco, il cane di città”

“Che c’è Max? Ti secca avere un po’ di concorrenza?” lo stuzzicò Bolly. Bolly era un labrador bonaccione, ma si divertiva a punzecchiare gli altri - specialmente Max - e dire la verità a sproposito.

Max scattò in piedi, ancora con l’osso tra i denti, come se Bolly avesse cercato di rubarglielo. “Cosa vorresti dire?”

“Lo sappiamo che muori dalla voglia di fare il maschio alfa”

Stavolta Max partì all’attacco, zampe dritte sul muso di Bolly, ma continuava a tenere l’osso tra i denti, cosa che diede a Bolly il vantaggio del contrattacco. Si azzuffarono per un po’ senza troppa convinzione, Charlie li zittì con un profondo latrato.

“Siete le solite teste di cazzo. Bolly, accuccia. Max, accompagna Ralph. Fate il giro sino alle siepi, non ululate più del necessario, non vogliamo attirare l’attenzione. Se Pedro non risponde cercate le sue tracce ma non allontanatevi troppo”

“Posso venire anch’io?” fece Rudy, lo yorkshire.

“Il cane di città e la mezza tacca?” protestò Max “vuoi farmi diventare uno stramaledetto dogsitter?”

“Ha parlato il super maschio alfa” guaì Rudy, a cui piaceva copiare tutto quel che diceva Bolly, scommettendo che il labrador sarebbe intervenuto in suo aiuto. Ralph non immaginava Bolly a buttarsi nella mischia per difendere Rudy, o chiunque altro.

“Andranno da soli” disse Charlie, spegnendo l’entusiasmo di Rudy.

Ralph cedette il passo a Max, accodandosi, mentre gli altri s’accucciavano in cerchio. Ralph era entrato in fretta nelle dinamiche del nuovo branco. Le personalità dei sette nuovi compagni non erano dissimili da quelle che si era lasciato alle spalle, nella proprietà del vecchio padrone. Max non era un cane pazzo né troppo violento. Un passivo aggressivo, ecco cos’era, un cane a cui non mostrare il culo, ché sarebbe saltato ad azzannartelo se ne avesse avuto qualche vantaggio. A parte mangiare e lamentarsi non aveva mostrato altri talenti.

“Maschio alfa un cazzo” mugugnò Max “servisse a qualcosa essere l’alfa in un branco di maschi”

“Già” fece Ralph portandosi al passo “perché poi tutti maschi?

“Per non azzannarci tra noi, ecco perché” bofonchiò Max. “Sei mai stato in un branco con delle femmine? Tutti ad azzannarsi non appena una va in calore, per non parlare della seccatura dei cuccioli. Per come stiamo messi ci mancano solo altre bocche da sfamare. E quello stronzo di Pedro, probabilmente se ne sta montando una mentre noi stiamo qui a ghiacciare il culo per cercarlo”

“Non fa così freddo” disse Ralph “è una bella notte”

“Passa un inverno da randagio in aperta campagna e sentirai sempre freddo. Non ti si sono ancora raffreddate le chiappe dal calduccio di casa, cane di città”

“Piantala con la storia del cane di città” protestò Ralph “sono uno di voi ormai”

Max grugnì e affrettò il passo.

“Quello sniffaculi di Pedro. Zitto zitto lui, prende e s’allontana, e la prima che trova se la monta”

“Non c’è la fila di cagnette, li ho attraversati tutti questi campi” fece Ralph.

“Sì ma quello sa dove trovarle. Il naso lo usa solo per quello. Stronzo sniffaculi”

“Zitto”

“Non dirmi di stare zitto!”

“Ascolta!”

La campagna intorno era un pelo argentato, inumidito dal sudore delle foglie sull’erba e schiarito dalla luna piena. I grilli frinivano in lontananza. Una notte ogni due il branco si disperdeva per andare a caccia di grilli e farne strage. C’era chi se li mangiava, Ralph non ne aveva lo stomaco ma si costringeva a masticarli per abituarsi al sapore. Per sopravvivere bisognava godere di tutto quel che offriva la campagna.

Il suono dei grilli cessò di colpo. Max scattò verso un cespuglio facendo un gran baccano di foglie e frasche. Nulla. Ululati in lontananza. Ralph si mise a rispondere con poca convinzione.

“Cosa cazzo fai?” grugnì Max “chiudi la bocca!”

“Ma volevo sentire…”

“Non si ulula alla cieca nella notte, stupido cane di città”

“Allora come dovremmo trovare Pedro?”

“Chi se ne fotte di Pedro”

Un ululato basso e poco convinto uscì dai cespugli. “Chi se ne fotte di Pedro, eh?” disse il basenji bianco e caffellatte sporgendo il muso tra gli alti fili d’erba. Era Pedro. Di tutto il branco era quello con l’aspetto migliore, magro e slanciato, lo sguardo corrucciato e orecchie invidiabilmente sane e dritte.

“Dove cazzo sei stato?” l’aggredì subito Max.

“A caccia, come dovevo essere”

“E se stai parlando è perché non hai preso proprio niente, o sbaglio?”

Pedro lo fissò assente. “Non vedo il nesso”

“Io vedo il fesso invece” grugnì Max “dovresti avere qualcosa tra i denti”

“Ce l’ho avuto. Ho acchiappato e mangiato” fece Pedro con calma, leccandosi i baffi e il dorso delle zampe anteriori. Ralph sentiva l’odore del sangue fresco provenire dalle zampe, dal muso, dal fiato.

“Coniglio?” chiese Ralph.

“Lepre”

“Stronzate” grugnì Max “non si vedono lepri da due stagioni”

“E non se ne vedranno nemmeno la prossima” fece Pedro “quando mi sono accorto che si trattava di una femmina era troppo tardi.”

“Te la sei mangiata intera?”

“Tutta pelle e ossa. Non avrebbe generato figli” disse Pedro.

“Dovevi riportare almeno due conigli, erano questi i patti” latrò Max.

“Patti? Che patti?” Pedro si volse a guardare Ralph “non ho niente contro di te, ma da quando sei arrivato tu questo stronzo è completamente partito per la tangente del maschio alpha”

“Avete rotto il cazzo con questa storia del maschio alpha!” Max scoprì i denti ma Ralph e Pedro stavano già fianco a fianco. Max era furioso ma non se la sentiva di affrontarli entrambi. Voltò le spalle e s’inoltrò nell’erba alta a passo svelto, lasciando indietro gli altri due.

“Quello è il mezzo pastore tedesco più stronzo che abbia mai incontrato” fece Pedro, laconico.

“E’ sempre stato così?” chiese Ralph.

“Da quando lo conosco. Non ha mai digerito d’esser stato abbandonato”

“Che aveva fatto?”

“Il padrone lo credeva un pastore tedesco purosangue. Doveva essere un imbecille perché ci ha messo anni a capire che era un meticcio, e l’ha scaricato, sai, letteralmente, lasciato chissà dove. Non ha mai ritrovato la strada di casa, il che gli rode più dell’esser stato abbandonato, anche se nulla gli rode di più d’essere di razza pura. E’ cresciuto convinto d’essere speciale, finché non ha capito d’essere solo un bastardo come gli altri, il che non l’ha reso più affabile. Oh, guai a parlargliene, te lo sto dicendo per inquadrare il soggetto”

“Sì sì, l’avevo inquadrato”

Ralph provò un moto di simpatia per quel bastardaccio di Max, anche lui una volta era convinto d’essere speciale per il suo padrone.

“Tu invece? Come sei finito a fare il randagio?”

Ralph abbassò il muso, non aveva voglia di parlarne.

“Sembri in salute” disse Pedro squadrando Ralph “si vede che t’hanno trattato bene. Potresti trovarti un nuovo padrone”

“Tu lo faresti?”

“Cazzo, sì! Una cuccia mia, una ciotola che si riempie due volte al giorno, magari una o due cagnette nel recinto. Ci sono cose peggiori”

“Voglio starmene un po’ per i fatti miei” tagliò corto Ralph “sai, andare dove voglio, dormire e mangiare quando e quanto voglio, cose così”

“Uno spirito errante eh? Non so, non mi convinci.”

“Max ha passato la sera a ingozzarsi con gli avanzi delle ossa di pollo” rispose Ralph. Il cambio d’argomento brusco non sembrò turbare Pedro, che gli andò dietro come se niente fosse.

“Cretino. Uno di questi giorni ci lascerà con le viscere spappolate” disse il basenji.

“Ma allora questa storia è vera?” fece Ralph.

“Cosa?”

“Delle ossa di pollo che ti fanno esplodere le viscere”

“Troppo bene non fanno” disse Pedro.

“La mia padrona non ha mai voluto che le mangiassi. Diceva che mi avrebbero bucato la pancia e sarei morto”

“Sì, è una cosa che dicono gli umani. E’ una mezza stronzata” disse Pedro “neppure a me le lasciavano mangiare.”

“Anche tu hai avuto dei padroni” fece Ralph.

Pedro fece un verso da gatto pronto a sputare una palla di pelo, soffocando la risata.

“Tutti siamo appartenuti a qualcuno, anche se a nessuno fa piacere parlarne. Ognuno ha la sua dose di vergogne e di tristezze, se ti ambienterai con noi magari ci dirai perché sei scappato.”

Ralph si fermò, guardando il culo del compare scomparire tra l’erba alta che rumoreggiava per lo sbattere incessante della coda. Pedro non si fermò ma non rischiava di perderlo, l’odore di sangue era ancora bello forte. Ralph tornò a farglisi sotto, e vide che il compare zoppicava leggermente. Sulla chiappa destra c’era un alone scuro.

“Sei ferito?”

“Un pallino”

“Ti hanno sparato?”

“Un colpo di striscio”

“Non abbiamo sentito nessuno sparo”

“Cartuccia bagnata suppongo, a quella distanza avrebbe dovuto abbattermi. Chi immaginava che quello si mettesse a sparare dentro casa? Non mi era mai successo”

“Che ci facevi dentro una casa?”

Pedro non rispose e Ralph prese per buone le illazioni di Max. Sniffando intorno alla ferita sentiva l’odore di un altro cane, probabilmente una femmina.

“Fa male?”

“Un fastidio più che altro. Il pallino non è entrato tanto, appena sottopelle, almeno spero. Domani, col sole, me lo strapperò via.”

Il rispetto di Ralph per Pedro crebbe di colpo, aveva rischiato di morire ma trattava la cose come se non lo riguardasse.

“Mi hanno già sparato addosso” disse Pedro, come leggendogli il pensiero “ma è stato tanto tempo fa, da cucciolo. Le ferite non si vedono più, ma lo ricordo bene.”

Ralph rimase in silenzio, non osò chiedere. Ralph aveva poca esperienza della morte, ne aveva sentito l’odore e forse udito il suono ma credeva d’averlo solo immaginato. Aveva visto il sangue e lo spettro della morte sulle carcasse sventrate, ma quando il sangue era già freddo e gli animali svuotati di tutto ciò che li rendeva vivi, e in ogni caso non aveva mai assistito alla morte di un suo simile.

Ralph e Pedro ritrovarono il branco in silenzio. Max, che li aveva preceduti, fingeva di dormire standosene in disparte, volgendo schiena e chiappe al branco come quando era arrabbiato – cioè quasi sempre – e il muso verso l’ignoto della campagna. Bolly s’era fatto incontro a Pedro e Ralph sfregando il muso con inedito affetto sul collo di entrambi. Tutti gli altri dormivano, incluso Charlie. Ralph ne fu stupito e un poco amareggiato. Tra tutti, era l’unico che si aspettava di trovare sveglio e vigile al ritorno.

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