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7. La Gran Torre Orokin

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Hydroid era entrato una sola volta nella Gran Torre Orokin, il giorno in cui cercando di convincere Ivara a tornare nel Clan Tenno era stato lui ad uscirne. Allora non aveva prestato particolare attenzione allo stato di abbandono della Torre, ma era evidente che gli Ostron dopo la cacciata – o il più credibile spontaneo abbandono – degli Orokin, si erano disinteressati della struttura, limitando a godere della sua protezione.

L’interno era diverso dalle più scintillanti e maestose rovine Orokin sulla Luna o nelle appendici del Void. Le finiture d’oro sugli stipiti delle porte e le cesellature di pilastri e vòlte non brillavano come dovevano, col caratteristico bianco alabastrino delle mura scurito da un velo scuro, come d’ombra impastata nella sostanza stessa dell’edificio. Era verosimile che l’energia sprigionata dallo scudo che proteggeva Cetus mantenesse la Torre in uno stato di perenne tensione, svuotandola dei flussi secondari, lasciando ai lampadari ed alle infiorescenze sulle statue lumi anemici e tremolanti. Sembrava un perfetto monumento alla storia degli Orokin e di tutto il Sistema Solare: all’esterno appariva maestosa, linda e scintillante, inattaccabile ai segni del tempo e dentro vuota e fredda, monumento al declino di un’epoca. Tutti i macchinari erano in funzione, ma gli sterpi affollavano le aiuole interne, coprivano le panche e intere sezioni del pavimento. Solo uno degli ascensori era in funzione, molti pannelli alle pareti erano stati rimossi rivelando l’intrico dei circuiti e degli ingranaggi in cui le troppe piastre scure rivelavano il collasso della distribuzione di energia. Non c’era bisogno d’essere esperti nell’ingegneria Orokin per capire che la Gran Torrre stava morendo, e forse lo scudo non avrebbe retto più di qualche anno. Hydroid si chiese anche se quei pannelli smontati e quei circuiti in bella vista non fossero opera dei Quills che vi si erano insediati ed erano di fatto – visto il disinteresse degli Ostron per la tecnologia – i guardiani della Torre e di tutti i suoi segreti. Hydroid non si era mai curato dei Quills, li considerava alla stregua delle tante corporazioni che vivevano all’ombra del conflitto, simpatizzanti delle fazioni in lotta a seconda della convenienza, ma non facevano a gara per moltiplicare i loro accoliti né apparivano avidi come i mercanti Corpus. A giudicare dallo stato in cui versava la Gran Torre, le operazioni di smantellamento procedevano da tempo e non per rivendere preziosi manufatti Orokin al miglior offerente, ma per carpirne i segreti.

Excalibur biascicò qualcosa, un lamento in lingua Grineer, e Hydroid proseguì spedito verso l’apice della Torre, presso il centro comunicazioni. Il funzionario Quill vestiva come un monaco e armeggiava su una piastra di circuiti sei metri per quattro. Alla vista dei due Warframe non si scompose e con gran cortesia indicò ad Hydroid la console comunicazioni, l’accese e tornò ai suoi gingilli.

Hydroid lanciò il segnale in codice in uso alla flottiglia Tenno, senza ricevere risposta.

“Perdoni l’intromissione” disse il funzionario Quill dal fondo della stanza “ma pare che tutti i canali di comunicazione siano stati alterati dall’interno della vostra flotta: non siamo più in contatto con Lotus”

“E da quando?”

“Oh, un paio di mesi”

“Puoi mettermi in contatto col Cephalon Ordis?”

“E’ dal Cephalon Ordis che è stata modificata la rete comunicazioni”

“Ho bisogno della connessione ad un computer Cephalon, subito” disse Hydroid.

Il funzionario Quill si mosse con lentezza sonnacchiosa, non prestò attenzione al corpo di Excalibur accasciato sul pavimento, in preda alle convulsioni dell’ascaris negator che s’infiltrava corrompendo i suoi sistemi.

“Posso metterla in contatto col Cephalon Suda o Simaris”

“Suda mise una taglia sulla mia testa” fece Hydroid tra sé “vada per Simaris”

Il Quill armeggiò sulla console, poi tornò alla grande piastra di circuiti. “Se cambia idea” disse dal fondo della stanza “può cambiare canale sul cursore verde”

Dall’oloschermo partirono una serie di sfrigolii che dettero forma a fluttuanti rettangoli giallastri, si sovrapposero e aprirono come petali d’un fiore cibernetico: il volto del Cephalon Simaris.

“A cosa devo questo onore” disse Simaris. Le sue domande erano prive di qualsiasi tono interrogativo. “E’ tanto tempo che non ci vediamo”

“Ho bisogno di una navetta d’estrazione con un supporto Cephalon, nel più breve tempo possibile”

“La stazione più vicina alla Terra è Larunda. Il più breve tempo possibile è sei ore per una corvetta da guerra e di tre ore e venti per un caccia a corto raggio”

“Vada per il caccia” disse Hydroid.

“E’ in corso una massiccia convergenza di forze Grineer sulla tua zona, la corvetta da guerra è più indicata” disse Simaris.

“Non abbiamo sei ore, anche tre sono troppe. Assicurati di avere una connessione diretta, devi infiltrarti nei sistemi di un Excalibur per rigettare un congegno Grineer”

“Naturalmente. Ovviamente il processo di dissezione e scansione potrebbe costare l’integrità dello chassis del Warframe”

“Nessuna scansione, devi solo infiltrarti ed espellere quell’affare dalla gamba!” sbottò Hydroid.

“Mi dispiace Tenno, ogni operazione ha il suo costo, la conoscenza è il solo prezzo per la mia amicizia”

Hydroid si rivoltò come un’onda addosso alla console di comunicazione, l’ologramma del Cephalon Simaris sfrigolò per poi sparire.

“Stupido psicopatico, scansione e dissezione, e ti pareva. Vada per il Cephalon Suda allora”

Un rombo azzurro apparve sull’oloschermo accompagnato da una melodia, ruotava su se stesso e il suono s’interrompeva bruscamente ad ogni giro, per poi riprendere ed interrompersi ancora come un disco rotto. I vertici del rombo si disgregavano in una scia di pixel arricciati all’unisono, alcuni s’ingrandivano in forma di ciglia intorno all’occhio lampeggiante.

“Ti abbiamo trovato, Tenno, i tuoi antichi crimini non sono stati dimenticati”

“Avrei dovuto stare più attento” lo provocò Hydroid.

“Non puoi dissuadermi a causa dei Grineer” ad ogni iato, al suono della voce del Cephalon si sovrapponevano suoni distorti, talvolta aggraziati.

“Non intendo dissuaderti”

“Ti trovi sulla Terra. Rilevo un’intensa attività Grineer sulla Terra”

“Non ne avevo idea” dai barbigli di Hydroid grondava più sarcasmo che acqua “adesso taci e stammi a sentire. Sei il mio piano di estrazione per un Excalibur, mandami i tuoi calabroni assassini e li massacrerò come sempre, ma quando abbiamo finito ti prendi il mio amico e gli levi l’ascaris negator dalla caviglia, magari a differenza di me ti sarà riconoscente e diventerà un tuo accolito”

“Non ci sono garanzie” disse Suda “la scelta dev’essere libera”

“Pensi che io sapessi cosa stavo facendo quando mi sono schierato contro di te? O viceversa, che ce l’avessero i tuoi accoliti quando si sono messi a servire un archivio di canzonette con manie di grandezza?”

“La negligenza non mi riguarda. Le colpe si pagano”

“Questo Excalibur non ha colpe, ma le avrà se lo lasciamo ai Grineer. Vuoi far loro questo favore?”

“No”

“Allora salvalo”

“Sei consapevole che non uscirai vivo da questa situazione” fece Suda.

“Mi fido della tua onestà, se riuscirai ad eliminarmi lo salverai comunque?”

“Si”

“E se io spazzo via i tuoi assassini e lo carico sulla loro navetta, lo salverai e lo consegnerai comunque alla flotta Tenno?”

“Non sopravvivrai stavolta”

“Nella remota ipotesi che dovessi… lo farai?”

Silenzio.

“Allora?”

“Si”

“Bene. Tra quanto sarai qui?”

“Tre ore”

“Pensavo mi volessi morto, è un sacco di tempo per preparare la mia difesa…”

“Due ore”

“Simaris può essere qui in un’ora e mezza”

“Ancora menzogne”

“Lui è sempre così preciso, non come te”

“Un’ora e mezza”

“Bene, non vedo l’ora”

Hydroid chiuse la comunicazione, il suo sospiro fece vibrare il velo d’acqua su tutta la superficie del suo corpo. “Dì un po’ Quill” disse rivolto al funzionario in fondo alla stanza “se gli Orokin erano così intelligenti come facevano ad avere computer tanto stupidi?”

“L’unico modo per una società di evolversi è che i computer siano più stupidi degli uomini” disse il Quill “diversamente diverrebbero loro la specie dominante. Gli Orokin si sono evoluti usanto i computer Cephalon come meri archivi, lasciando loro una solo parvenza di IA, facendone avidi ricettacoli di conoscenza ma privi di una direzione verso cui indirizzarla, come bambini orfani”

“Bambini orfani” ripeté Hydroid, poi si sciolse in una pozza d’acqua e riemerse tendendo Excalibur tra le braccia, incamminandosi all’ascensore per la piattaforma d’attracco superiore “tieni duro nato ieri, ci siamo quasi”

“Ci siamo quasi” ripeté Excalibur, ma la sua voce si era tramutata in quella di Capitan Vor.

 

 

 

 

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