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Stai leggendo: "Il Gigante Buono" di Quinto Moro

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8. La fotocamera

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Quando la Signorina Heels tornò per riaccompagnare Nanà all’uscita e non la trovò ebbe quasi una crisi isterica. “Di nuovo” sbuffò sconsolata “dove sarà finita adesso?”

Il Gigante, sonnecchiando, mormorò: “è andata via”

“Chi è venuto a prenderla?”

“Che ne so. Qualcuno” fece il Gigante levandosi gli occhiali “porta via quel televisore”

La signorina si guardò intorno, sul televisore acceso la scritta per il re-play del filmato.

“Si è pure dimenticata la fotocamera” fece la signorina scollegando i fili. Lo schermo si fece nero.

“Me l’ha regalata” disse il Gigante “ma prendila tu, io non potrò mai usarla”

“Sissignore, molte grazie” disse lei, e se la mise in tasca.

Nelle ore di lavoro che seguirono, la Signorina Heels fece su e giù sui suoi tacchi troppo alti e troppo stretti, e le rare volte in cui riusciva a sedersi sentiva sempre quella scomoda fotocamera premerle sul fianco, dalla tasca della giacca troppo stretta. La sfilò e l’appoggiò una volta in un ufficio e una volta sul lavabo della toilette, tornando a riprendersela con gran seccatura. Fu quasi sul punto di buttarla nel cestino della spazzatura tanto le dava fastidio. A fine giornata poté finalmente metterla nella borsetta, ma anche lì era una seccatura, perché creava un duro bozzo e sul treno lei era solita usare la borsetta come cuscino tra la testa e il finestrino, appisolandosi un poco. Cacciò fuori quella stupida macchinetta dalla borsa e la lasciò sul sedile, fu solo per un qualche miracolo che qualcuno, passando di lì, non se la fosse messa in tasca. Al capolinea la macchinetta era ancora lì, e lì la lasciò la Signorina Heels quando scese dal treno, ma tornò indietro di corsa e se la riprese.

Mentre zoppicava sulla strada di casa passò davanti alla vetrina del banco dei pegni dove avevano fatto la loro comparsa due belle scarpe nere di vernice, col tacco visibilmente più basso e robusto ma comunque regolamentare per l’eleganza richiesta sul posto di lavoro. Entrò e chiese allo sciatto signore dietro al banco se qualcuno dei suoi oggetti era stato venduto. Il tipo aveva una certa somiglianza col Gigante, o almeno era così che la Signorina Heels si immaginava il Gigante se fosse stato a misura d’uomo. La risposta fu come negativa come al solito. La signorina fece per uscire ma quelle scarpe erano troppo carine, sembravano proprio nuove, così si spinse a guardarle più da vicino e vide che la misura era la sua.

“Le posso provare?” chiese.

Il venditore rispose con un cenno: “basta che fai in fretta.”

Benché i suoi piedi fossero martoriati dalla lunga giornata di lavoro e dai calli, infilare quelle scarpe parve alla donna un sollievo paragonabile a un pediluvio in acqua di rose. Erano perfette, ammorbidite dall’usura ma ancora così lucide, fece due piroette su e giù per l’angusto spazio del negozio. Comode. Perfette.

“Se fossero rosse batterei i tacchi tre volte” disse la Signorina Heels “le prendo!”

“Ce li hai i soldi?”

“Glieli porto subito”

“E’ tardi, sto chiudendo”

“Ma abito a due passi lo sa”

Il venditore scosse la testa.

“Glieli porto domani”

“Non si fa credito”

“Ma questo è un banco dei pegni! Ed ha un sacco della mia roba!”

“La roba che hai lasciato qui non basta per quelle scarpe”

“Glieli porto domani va bene?”

Un’altra scrollata di testa.

“Me le mette da parte almeno?”

“Forza, levatele che devo chiudere”

“Aspetti”

La Signorina Hills mise sul bancone la fotocamera che le aveva regalato il Gigante. “Facciamo a cambio?”

“Le scarpe per questa?”

“Esatto”

L’uomo prese la macchinetta e la esaminò pensieroso.

“Mah, è un modello vecchio, non si vende”

“Più di un paio di scarpe vecchie” il venditore aveva esitato perciò non doveva dargli tempo di rifiutare ancora. “Queste sono scarpe da donna, quindi niente uomini: cinquanta per cento del mercato in meno. E non sono scarpe da ragazzina, né per tutte quelle donne che hanno un numero di scarpe diverso. La fotocamera la possono comprare uomini e donne, ragazzini e ragazzine, perfino i bambini le usano!”

“Ma funziona?”

“La provi”

“Si accende… vediamo… c’è della roba in memoria”

La Signorina Heels strappò la macchinetta dalle mani dell’uomo, picchiettò sui tasti, trovò il comando cancella tutto e: Bliiip!

“Adesso non ci sono più. Allora, affare fatto? Scambio alla pari?”

L’uomo annuì.

La Signorina Heels prese le sue scarpe vecchie e le mise in vetrina al posto delle altre. “Prova a rivenderle, a metà del prezzo che avevano queste” disse, ed uscì per strada felice sulle sue nuove, comodissime scarpe usate.

 

FINE

 

 

 

Nota:Caro/a lettore o lettrice, grazie per essere arrivato/a fin qui. Se questo racconto ti è piaciuto ti consiglio anche "L'autista", un racconto più realistico ma con una certa satira sociale. Lo puoi trovare QUI. E ricorda che i tuoi commenti sono ben accetti, belli o brutti che siano.

 

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