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Stai leggendo: "L'autista" di Quinto Moro

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Capitolo 2

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Fuori dalla stazione il traffico era impazzito per via d’un semaforo spento. Salvo già si immaginava a bestemmiare, sollazzato dall’aria condizionata, dietro gli spessi finestrini che avrebbero attutito il suono dei suoi insulti verso i vigili e qualunque autista da lì alla fine del mondo.

Presso il gran parcheggio custodito i clacson e le urla salivano furibonde, perché qualcosa era andato storto con la biglietteria automatica o con le sbarre, che non volevano saperne di alzarsi lasciando tutti imbottigliati in entrata e in uscita. Salvo s’accostò ad un gruppetto di autisti imbestialiti e chiese spiegazioni.

“Non funziona niente” disse uno.

“Tutto spento, tutto spento” disse l’altro.

“E non c’è nessuno a cui chiedere” fece un terzo.

“Per ‘sto cazzo di sciopero”

Come se non bastasse, nella foga dei clacson c’era scappato anche un tamponamento e un paio d’autisti stavano venendo alle mani. Capannelli d’uomini sudaticci si schierarono da una parte e dall’altra, novelli testimoni, esperti del codice stradale, carrozzieri con perizie danni, preventivi di spesa e i referti medici per le lesioni dello schianto e della rissa rimbalzavano qua e là intercalate da insulti e fischi.

“Mi sa che ci conviene andare a prendere l’autobus” disse uno.

“Eh ma sono in sciopero quelli là” disse l’altro.

“Ah! Pure?” fece il terzo.

“Vero vero” disse Salvo “ci sono passato alla stazione, c’è un casino”

“Ma cosa scioperano a fare”

“La gente non c’ha proprio più voglia di lavorare” disse Salvo.

Tutti annuirono gravemente. Un soffio di vento, come una schioccata di frusta sulle nuche sudaticce, li scrollò tutti quanti. Salvo drizzò il collo e la schiena, portando il petto in fuori neanche l’avesse colpito un fulmine. Quel gesto di fierezza improvvisa gli fece piombare addosso tutti gli occhi e ci fu quasi un minuto di silenzio. Tutti si aspettavano che Salvo dicesse qualcosa.

“Sapete cosa vi dico?” fece una pausa, gli sguardi erano davvero tutti per lui. “Se ci organizziamo, un autobus ce lo andiamo a prendere, e ce ne torniamo tutti a casa”

“Lei ha la patente speciale?” gli chiese un signore.

“Cazzo ha ragione!”

“Ma non si può mica rubare un pullman così”

“Chi ha parlato di rubare?”

“Vogliamo restare tutti qui?” fece Salvo.

“Io la mia macchina qui non la lascio”

“Ma staremo bloccati anche fino a domani”

“Giusto, quando finisce lo sciopero, domani, veniamo a riprendercele”

“Non si può prendere un pullman così”

“Io dico di sì, questo signore ha ragione”

Tutti guardarono Salvo. “C’erano un paio di autisti che se ne stavano senza fare un cazzo” disse lui.

“Facciamo una colletta e io dico che ci portano dove vogliamo”

“Col cazzo! Io dico di portarceli a calci nel culo a sedersi al volante, voglio vedere se non guidano!”

Salvo fece una rapida conta di chi ci stava, informandosi sul luogo di residenza di una decina di autisti incacchiati, premurandosi di non insistere troppo con chi non sembrava propenso all’idea di prendersi un mezzo con la forza. Dieci minuti dopo, alla testa di cinque uomini Salvo raggiunse il piazzale affollato. I passeggeri ancora ostaggi dei marciapiedi e gli autobus muti e lontani nei loro parcheggi. Salvo e la sua piccola cerchia si distinsero sconfinando là dove nessuno osava, nello spazio d’asfalto giù dalle banchine, come al centro di una piccola arena dove tutti li guardavano.

“Non ne è partito neanche uno?” chiese Salvo alla folla. Sguardi delusi e variabilmente incazzati accompagnavano scrollate di spalle e di teste.

“Non si muovono”

“Ci lasciano qui tutto il giorno”

“Lo sciopero dovrebbe finire alle otto”

“Dovrebbe”

“Le otto? E dobbiamo starcene qui tutta la sera?”

“C’è meno gente di prima” osservò Salvo.

“C’è chi si è fatto venire a prendere, ma a me non mi può venire a prendere nessuno”

“E c’è chi ha deciso di farsela a piedi”

“Ma io non posso farmi tutta quella strada a piedi”

“Dovrebbero togliergli lo stipendio a quelli che scioperano”

“No dovrebbero arrestarli”

“Così gli passava la voglia”

“O gli veniva quella di lavorare”

“Ascoltate” disse Salvo, e di nuovo quel silenzio intorno a lui. Com’era strana quell’attenzione improvvisa, e quanto piacevole. “Noi proviamo a convincere quei pochi autisti che ci sono”

“Eh sì, quelli ci staranno proprio pensando”

“Ma lasci perdere”

Salvo pensò a qualche frase di circostanza, qualcosa tipo Dio è dalla nostra parte perché anche lui odia chi sciopera. Tutte quelle facce grame avevano bisogno di una speranza. Erano incazzati ma troppo deboli per prendere in mano la situazione, andavano ispirati.

“Intanto noi ci andiamo” disse Salvo spavaldo “e vi dico che torniamo tutti a casa oggi”

“Auguri.”

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