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Stai leggendo: "Il Cattivo" di Quinto Moro

 

5. Epilogo

 

La camionetta blindata si fermò in mezzo al cortile. Dalle alte mura del braccio D qualche detenuto accaldato si lasciò incuriosire dall’insolito spiegamento. Gli sbirri in tenuta antisommossa, bardati di tutto punto, avevano creato un lungo corridoio dal portello del blindato al cancello del carcere. Quando il Manciuriano scivolò fuori dalla camionetta, questa riguadagnò dieci centimetri sulle sospensioni posteriori. Qualche voce s’era già sparsa per il carcere, e quando la sua sagoma ingombrante apparve sul corridoio al pianterreno, il vociare crebbe come solo all’arrivo dei grandi criminali. Due sbirri armati di manganello e casco precedettero l’ingresso del cattivo, stuzzicando i commenti degli accaldati e stufi ingabbiati.

“E chi sta arrivando? Jack Lo Squartatore?”

“O Tony Soprano?”

“Quello se l’è mangiato a Tony Soprano”

“Guarda che bestia, peserà duecento chili”

Mentre attraversava il corridoio del braccio D, il Manciuriano sentiva su di sé gli occhi dei detenuti. Non volle incrociare i loro sguardi, poiché tenere la testa alta era l’unico modo per non spogliarsi della poca dignità che gli restava, ora ch’era stato privato del suo guanto di ferro, del camice da lavoro e dei suoi favolosi marchingegni. Ciò che più lo umiliava erano i lividi, quelli nascosti dai vestiti e quelli il suo viso deformato dai bernoccoli blu e rossi, con cerotti e garze insufficienti a coprire la vergogna del suo fallimento.

 “C’ha la faccia che sembra una marmellata” scherzò uno, e si levò qualche risatina dalle celle adiacenti.

“E intanto quello cammina. Manco zoppica”

“Ma è quello che ha ammazzato il guardiano?”

“E’ quello, è quello”

“Ho sentito che l’hanno dovuto pestare in sette”

“Io ho sentito dieci”

“No no, erano di più. Quello cinque li stende con una mano, uno per ogni dito. Con tutte e due le mani ci fa la birra con un quelle mezze seghe in divisa. E’ una bestia”

“Com’è che non l’hanno sparato?”

“Quando lo fermi uno così? Gli rimbalzano le pallottole”

“Gli hanno sparato il taser tre volte, quello niente”

“Li ha menati con un pugno d’acciaio”

“Mo’ che è? Jeeg?”

“Scherza scherza, quello c’ha ammazzato uno”

“Con che?”

“Col pugno d’acciaio. Ma uno vero eh. Se l’era costruito apposta, perché non riusciva a menarlo abbastanza forte a mani nude”

“E pensa quanto doveva essere grosso”

“Ma chi era il morto?”

“Faceva il guardiano, in quell’azienda fallita come-si-chiama, nella zona industriale. E questo ci teneva l’arsenale in un capannone”

“Ma allora non ha ammazzato uno sbirro”

“No era tipo guardia giurata£

“Ma che arsenale teneva?”

“Pare che fabbricasse armi, roba fatta in casa, da lui”

“Teneva tanti fusti di benzina da dare fuoco a mezzo bombe”

“Pure bombe c’aveva”

“Dicono che è matto da legare”

“O un genio”

“Tipo scienziato pazzo”

“Ma per chi lavorava?”

“Non si sa”

“Per nessuno”

“Dicono per la mafia”

“Io ho sentito per certi stranieri”

“Con tutte quelle bombe ci stava pure un colpo di stato”

“Aveva pure minacciato di morte il Ministro”

“Come si chiama?”

“Felipe Manciuriano”

“Manciuriano? L’ho già sentito”

“C’ha avuto un fratello in gabbia, ma è morto dieci quindici anni fa. La sorella è la moglie di uno che stava al braccio B l’hanno scorso. Mò l’hanno scarcerato”

“Ma chi lo spione di merda?”

“Macché spione, faceva il ricettatore, come cazzo si chiama. Lavorava pure per uno importante, un assessore”

“Allora ‘sto Manciuriano tiene begli agganci”

“Che li tiene o non li tiene, uno così conviene farselo amico.”

Fine.

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