Stai leggendo: "Com'era strana la mia faccia" di Quinto Moro
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2. Stallo alla messicana
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La prima e l’ultima volta che Manuel mi ha visto, era terrorizzato. La prima volta è stato su quella strada, dopo aver freddato i due sbirri. Stringevo ancora la pistola in mano e mi ha pregato di non sparargli. Aveva metà faccia aperta da un taglio profondo, i vestiti zuppi di pioggia, sangue e fango.
“Mi chiamo Manuel” ha detto battendosi il petto lentamente “abbiamo avuto un incidente”
“Lo so” ho detto.
“Ci hai salvati” ha detto lui. Le sue mani alzate mi hanno fatto abbassare la pistola. “Sono morti?”
Ho guardato gli sbirri come oggetti estranei. Non provavo alcun rimorso. “Direi di sì”
Manuel è scattato con una mano tesa verso di me, come a volermi tener buono, a chiedere che non alzassi ancora la pistola. Si è chinato verso il fucile, indicandolo, come a chiedere il permesso di raccoglierlo. Devo avergli fatto un cenno d’assenso con la testa senza accorgermene oppure non l’avrebbe mai preso. Era spaventato ma anche coraggioso. Ha esaminato i cadaveri con la punta della canna.
“Sei un cecchino”
“Non lo so”
“Lo sa il buco su queste due teste di cazzo” ha detto Manuel, prima che un altro infangato e spaventato uscisse dai rovi della notte. Poi un altro, e un altro ancora. Il camion che mi aveva quasi investito era uscito di strada cinquanta metri più avanti, scivolando giù per la scarpata dritto in un pantano di sassi e melma. James Flores, l’autista cinquantenne, era morto sul colpo insieme agli altri due che sedevano con lui nella cabina del camioncino. Anche due degli occupanti del cassone erano morti sul colpo, sbalzati di fianco e rimasti schiacciati sotto il mezzo. Il pickup era molto più piccolo di quanto mi fosse sembrato sotto la pioggia, mentre mi veniva incontro. Un Ford F150 degli anni Novanta, con una centina aggiunta in scatolato di ferro e legno ormai a brandelli.
Un tipo secco e spigoloso nell’aspetto e nei modi mi ha guardato di traverso, più interessato ai cadaveri degli sbirri. Si muoveva a scatti, teso come una corda. Si chiamava Nick. Manuel e Nick hanno spogliato gli sbirri e li hanno buttati giù per la scarpata, tra i rottami del camion, insieme ai loro compagni morti. I sopravvissuti all’incidente hanno litigato, c’era chi urlava e piangeva. Nick ha trovato un secondo fucile nel bagagliaio dell’auto degli sbirri, ha minacciato tutti di sparare – a chi o cosa non ho capito – se non si fossero calmati. Il suo atteggiamento mi ha fatto ripensare agli sbirri così gli ho puntato la pistola alla testa. Manuel ha puntato il fucile alla mia.
“Calmo biker, abbassa la pistola” mi ha detto Manuel.
“Smettila di minacciare tutti” ho detto io a Nick.
“Fatti i cazzi i tuoi” ha detto Nick a me.
“Se non saliamo su quella macchina entro cinque minuti non ce la faremo” ha detto Nick a tutti gli altri.
Tutti gli altri sono rimasti in silenzio, singhiozzi di lutto e gemiti per le ferite trattenuti a stento. Manuel ha abbassato il fucile per primo.
“Calmati Nick” ha detto Manuel “il biker qui ci ha salvati”
“Il biker qui ci ha condannati tutti” ha detto Nick.
“Ha ammazzato gli sbirri” ha detto Manuel.
“Ed è per evitare lui che siamo usciti di strada, dico bene?”
“Dici bene” ho detto io a Nick, abbassando la pistola. Non era una minaccia, era solo incazzato, e spaventato.
“Gli sbirri ci avrebbero raggiunti prima dell’alba Nick” ha detto Manuel.
“Già, e ci avrebbero ammazzati tutti” ha detto Nick, abbassando il fucile.
“Abbiamo un’auto, possiamo ancora farcela” ha detto una donna mettendosi fra noi tre, guardandoci come bambini che litigano. Si chiamava Sofia.
“Se ci vedono arrivare con un’auto della polizia…” ha obiettato Nick.
“La abbandoneremo prima del confine” ha risposto Sofia.
“Vuoi passare a piedi?” ha chiesto Manuel.
“In qualche modo faremo!” ha urlato lei.
Tutti hanno preso posto nell’auto della polizia, discutendo e piangendo i loro morti.
“Posso venire con voi?” ho chiesto.
“Col cazzo” ha detto Nick.
“Non hai la tua moto?” ha chiesto Manuel.
“Non so se ne ho mai avuta una”
“Come sei arrivato qui?” ha chiesto un’altra donna, più giovane di Sofia. Aveva i capelli ricci nerissimi che si confondevano con la notte, braccia incredibilmente magre spuntavano da una maglietta che un tempo doveva essere stata celeste. Aveva il naso a patata e due occhi neri grandi e vetrosi. Catturavano la luce nell’oscurità in modo innaturale, come minuscole visiere di casco calate sotto le palpebre.
“Non ne ho idea. Forse ho avuto un incidente”
Manuel si è guardato intorno, in cerca di una motocicletta che non c’era. Nick si è lamentato di nuovo e ha sollecitato la partenza. Un ragazzino, un vecchio e la giovane dai capelli ricci si sono seduti nel retro dell’auto degli sbirri. Il vecchio ha fatto un commento sulla brutta sensazione di ritrovarcisi, non era la prima volta.
“Dà il fucile a Sofia” ha detto Nick a Manuel. Sofia e Nick si sono seduti sul bagagliaio aperto, con le gambe penzoloni oltre il paraurti e i fucili imbracciati. Manuel sedeva al volante, io al lato passeggero. Tutti mi guardavano perché indossavo ancora il casco.
“Te lo puoi togliere” ha detto Manuel.
“No, non posso” ho detto io.
Siamo partiti che il cielo si stava aprendo mostrando una fitta rete di stelle. Il vento soffiava forte contro la fiancata dell’auto, facendola sbandare. L’asfalto era rugoso e consumato, pieno di buche.
“Nick e Sofi geleranno” ha detto il vecchio.
“Tra un’ora gli daremo il cambio” ha detto Manuel. Guidava curvo sul volante, sttabuzzando gli occhi. L’umidore della pioggia sostituito dal sudore per l’ansia.
“Dove stiamo andando?” ho chiesto io.
“Cristo” ha detto la ragazza dagli occhi grandi e i capelli ricci.
“Non stavi andando al confine quando hai avuto l’incidente?” ha chiesto il vecchio.
“Non ricordo, ma non credo”
“Sei di origini messicane? Parte di padre, di madre?”
“Non lo so”
“Cristo” ha ripetuto la ragazza dagli occhi grandi e i capelli ricci “almeno lo sai come ti chiami?”
Ho riflettuto prima di rispondere con un altro “non lo so”. Alla fine ho risposto: “Guy”
“Guy come?”
“Solo Guy” ho detto io.
“Deve aver battuto la testa” ha detto il vecchio.
“Allora quel casco non funziona granché” ha detto la ragazza dagli occhi grandi e i capelli ricci.
“Sì che funziona. È pure antiproiettile”
“Stronzate” ha detto Manuel.
Mi sono guardato intorno, carezzandomi col polpastrello la visiera dell’elmo per indicare la scheggiatura del proiettile.
“Qui. Quando mi hanno sparato il proiettile ha rimbalzato. Devo essere caduto per lo spavento, ma non mi sono fatto male”
“Si sarà scheggiato quando sei caduto dalla moto, è un miracolo che tu sia vivo” ha detto il vecchio, e il ragazzino si è messo a singhiozzare forte. La ragazza dagli occhi grandi e i capelli ricci gli ha messo un braccio intorno alle spalle e l’ha stretto a sé, mentre gli occhi le si gonfiavano contagiati da quella disperazione.
“Ha perso entrambi i genitori in quell’incidente” ha detto Manuel con voce strozzata “solo perché erano seduti sul lato sbagliato del furgone.”
“E’ sempre una questione di trovarsi dal lato giusto o da quello sbagliato” ha detto il vecchio “come per questo schifo di confine. Nasci un miglio più a sud e ti tocca una vita, un miglio più a nord e te ne tocca un’altra”
“Già” ha detto Manuel “ma non basta più neanche quello, adesso c’è da scegliere tra il lato sbagliato e il lato dei morti”
Il pianto del ragazzino s’è fatto sincopato e la ragazza dagli occhi grandi e i capelli ricci ha detto a tutti di smetterla con queste cazzate e di stare zitti. Siamo rimasti zitti per due ore.
>>> continua