Stai leggendo: "Una nuova generazione" di Quinto Moro
​
Intervista speciale dal Dickey Mallory Late Show – Secondo blocco
A millecinquecento chilometri dagli studi televisivi dove si sta infrangendo ogni record di ascolti, il barbuto e panciuto infermiere Schneider parcheggia le chiappe sulla poltrona extra lusso con poggiapiedi elettrico, lasciata in eredità al CDCD dalla defunta Signora Cripple. La dose extra di pillole bianco-arancio stanno facendo effetto sui diciotto pazienti che hanno il permesso di stare nella sala ricreazione dopo le ventuno. Schneider avrebbe potuto sbatterli tutti nelle loro stanze ma la prima intervista di Danny Boy era un evento anche per loro, per quanto ora non saprebbero distinguere la tv da una lavatrice in centrifuga. A Schneider piace averli intorno, tirargli i popcorn sulla nuca e vederli guardarsi intorno, scacciando mosche invisibili o aprire la bocca per accusarsi a vicenda, incapaci di articolare una parola nello stato in cui sono.
I pazienti del Centro per i Disturbi Cognitivi e le Demenze fanno ondeggiare le loro teste quasi all’unisono. L’unica a non seguire il ritmo è la Signora Floyd, l’unica che attende la fine del blocco pubblicitario tanto quanto l’infermiere di cui non ricorda il nome solo perché non le importa. Di quella trasmissione sì, le importa. Le importa tanto da aver fatto qualcosa che non faceva dai suoi primi mesi di degenza: nascondere la pillola sotto la lingua e sputarla nel vaso delle begonie all’angolo della stanza. Gli infermieri non la controllano più come un tempo, nemmeno Schneider. La Signora Floyd è diventata una paziente modello, non aggredisce nessuno da almeno tre anni. Si è rassegnata alla vita monotona e offuscante nel CDCD. Ricorda poco degli ultimi dieci anni chiusa là dentro. Ha fatto in tempo a diventare la paziente più longeva da che la struttura ha aperto, e con i suoi quarantadue anni è ancora l’ospite più giovane. Era arrivata in buona salute, a parte le manie di persecuzione e i comportamenti aggressivi nei confronti del figlio. L’aveva aggredito una dozzina di volte finché quel figlietto di puttana non l’aveva denunciata ai servizi sociali, che dopo averle tolto la custodia l’avevano pure fatta rinchiudere.
Alla Signora Floyd piaceva Mr. Mallory, con quel suo mento prominente, il taglio d’occhi particolare, vagamente esotico, e quelle mani grandi e ben curate. Se inclinava la testa e sorrideva in un certo modo, le ricordava il marito, morto a trent’anni in un cantiere, che l’aveva lasciata con un figlio di due anni e il mutuo di una fattoria da pagare. Aveva sempre desiderato vivere in una fattoria e il Signor Floyd ne aveva comprata una appena fuori città. Coltivavano granturco, patate, meloni e zucchine. Avevano tre vacche, sei maiali e dodici capre. La Signora Floyd amava il latte di capra, era la cosa che più le mancava della vita fuori dal CDCD e forse l’unica che rimpiangeva più della sua stessa libertà.
Quando fu costretta a svendere la fattoria e trasferirsi in periferia, i ricordi della sua vita precedente vennero rapidamente spazzati via dal grigiore urbano. Quella che seguì non si poteva chiamare propriamente vita di città, in quei palazzoni sgarrupati coi marciapiedi macilenti coperti di erbacce. Era più simile alla vita in una galera senza mura di cinta, un grande vuoto fatto di strade troppo larghe per il poco traffico, di case spente e silenziose come i loro abitanti. Era stata quella non vita a permetterle di adeguarsi tanto bene al CDCD e trovarlo confortevole, un luogo in cui aspettare di morire senza doversi più preoccupare di sé stessa.
La Signora Floyd avrebbe dovuto fare un percorso di recupero in una clinica specializzata, ma il CDCD era l’unica struttura per matti che potesse permettersi. Aveva evitato la galera, da cui una donna come lei – o almeno la donna che era un tempo –sarebbe uscita distrutta e trasformata. Il Centro Demenze le aveva fatto capire anzitutto di non essere pazza né demente, anche se i farmaci le avevano fatto perdere qualche colpo si considerava abbastanza lucida da distinguere ancora tra realtà e delirio. Che era poi quel che avrebbe pensato una pazza, ma sollevando quel dubbio a se stessa poteva dirsi soddisfatta. La sua personalità era stata alterata dalla degenza certo, ma anche dal trauma dei lutti, e fintanto che non tutti gli infermieri erano stronzi come Schneider, poteva sentirsi al sicuro. Aveva rinchiuso il mondo fuori, coi suoi orrori e pericoli molto più vividi e spaventosi di un tempo. Di sicuro più spaventosi da che Danny Boy e la sua abominevole banda avevano fatto la loro comparsa. Abominevole banda, pensava la Signora Floyd, così dovevano chiamarsi, altro che “coraggiosi”.
Rieccoli in onda finalmente, ed ecco il bel volto sorridente di Mr. Mallory estasiato alla vista del superbambino. Possibile che un uomo sveglio come Mr. Mallory si sciogliesse davanti a quell’orrendo ragazzino?
“Bentornati a questa puntata speciale con l’ospite più speciale del mondo: Danny Boy!”
Applausi. Pubblico in visibilio. Ora sono tutti così rilassati. Non c’è più traccia della tensione dei primi minuti di trasmissione. Sembra diventata una puntata come tante altre e quello sulla poltrona non così diverso da qualsiasi attore o sportivo che ci si è seduto prima, se non per la minuta statura del soggetto.
“Allora Danny, ci hai raccontato del tuo primo gesto eroico contro un ladro d’auto, e quello ben più drammatico in cui nacquero i Coraggiosi Cinque. Vorrei ripartire proprio da questo. Per il mondo è stato difficile credere all’esistenza di persone dotate di capacità così straordinarie, e per di più ragazzi tanto giovani, ma com’è stato per le famiglie dei tuoi compagni? O per distinguerli dai normali compagni di scuola possiamo chiamarli colleghi?”
“E’ molto formale ma sì, direi di sì, anche se le circostanze ci hanno fatto diventare amici e siamo molto uniti, per il dispiacere dei loro genitori”
“Immagino che non sia stato facile per loro adeguarsi ai vostri talenti, a tutte le attenzioni mediatiche e al vostro ruolo di eroi nazionali, perché di fatto è questo che siete diventati”
“Sarebbe più corretto fare questa domanda a ciascuno di loro, ma posso dire che è molto difficile per chiunque aver a che fare con delle persone molto più giovani e molto più intelligenti. Quando si tratta dei figli poi, è ancora più difficile. Viviamo in un mondo in cui gli adulti usano i bambini per aver ragione di qualsiasi argomento, veniamo tirati continuamente in ballo. Si dà per scontato che dobbiamo crescere nello stesso modo in cui siano cresciuti loro, ed ogni cosa nuova o diversa viene demonizzata come pericolosa per noi. Veniamo usati come scudo per le vostre insicurezze e pregiudizi, convinti che dovremmo portarli avanti allo stesso modo, dando per scontato che il solo fatto d’essere più vecchi significa che ne sappiate di più. Esaltate l’esperienza senza accettare che possa essere maledettamente limitante. Immaginate la difficoltà nel confutare decenni di teorie scientifiche ed economiche e vedersi contestato e rifiutato da chi è intelligente la metà di te, è avvilente. I Coraggiosi Cinque sono stati apprezzati solo come modello d’eroismo giovanile mentre le nostre proposte venivano contestate da chi poteva cambiare il sistema. Piace che salviamo le persone da un allagamento, che risolviamo un caso di omicidio o sgominiamo una banda di rapinatori, piace molto meno che troviamo soluzioni per evitare che la gente sprofondi nella disperazione o nelle patologie che portano a comportamenti pericolosi o antisociali.”
Niente applausi, stavolta.
“Già” Mr. Mallory esita per la prima volta da quando Danny Boy si è seduto, tutto dannatamente troppo serio e anti-televisivo per il pubblico. “Non è facile aver a che fare con dei giovani tanto brillanti, ti confesso che anch’io mi sento parecchio in soggezione con te”
Applauso di sollievo. Mr. Mallory dà sfoggio del suo tono e del suo sguardo più comprensivi e accomodanti. Danny Boy ha appena pungolato un miliardo di spettatori in diretta dandogli degli idioti e mettendosi su un piedistallo. Il fatto che abbia ragione rende tutto ancor più sgradevole.
“Il mondo non si è ancora abituato alla nostra stessa esistenza, ci riescono a malapena le famiglie dei miei colleghi che hanno avuto prove inconfutabili. Hanno visto di cosa siamo capaci ma ancora faticano a capire e ad accettarlo. Credo che le cose cambieranno tra qualche anno, quando ci avrete conosciuto meglio, e soprattutto quando avremo un aspetto più adulto, forse questo ci aiuterà. Spero non dobbiamo aspettare di avere rughe e i capelli grigi, la gente preferisce dare ascolto a qualunque vecchio pazzo piuttosto che a un giovane brillante.”
Un applauso comprensivo, anche se poco convinto. Il pubblico è indulgente, l’aspetto minuto di Danny Boy fa la sua parte e il bel volto e la parlata sicura fanno il resto. Il sorrisetto a mezza bocca e il tono leggero con cui li schiaffeggia fa sembrare il tutto meno fastidioso. L’inquadratura stringe su Mr. Mallory, costretto a riprendere in mano la situazione e già pronto ad affondare il suo colpo.
“Danny, abbiamo parlato delle famiglie dei tuoi colleghi e di tutti i milioni, miliardi di persone che nel mondo faticano a comprendere i vostri talenti, ma saresti a tuo agio a parlare della tua di famiglia?”
“Naturalmente Dick”
“Sei sicuro? Non è motivo di imbarazzo per te?”
“Oh no, sarebbe imbarazzante se lo considerassi un motivo di imbarazzo”
“Bene, allora vorrei spiegare al nostro pubblico la tua situazione. Si sono dette e scritte migliaia di cose in questi ultimi anni, tu più di tutti hai attirato l’attenzione rivelando d’essere stato il primo, lo speciale originario se così vogliamo dire. La versione ufficiale è che sei orfano di padre, questo è corretto?”
“Sì Dick, è corretto. L’ho perso quando avevo appena due anni”
“Vuoi dirci com’è morto?”
“Un incidente sul lavoro. Lavorava in nero, per un’azienda di costruzioni, rimase travolto dal crollo di un’impalcatura”
“Non hai ricordi di lui?”
“Da qualche anno, con lo sviluppo del mio cervello è come se avessi ritrovato accesso a quelle aree del mio cervello in cui erano custoditi i miei ricordi iniziali. Anche questo è oggetto dei miei studi e di una equipe di specialisti della memoria. Ricordo il suo volto, non solo per com’era nelle fotografie, ne ho una percezione molto realistica. Ricordo la sua barba ispida sotto le mie dita d’infante, il tessuto della sua camicia di flanella, l’odore del dopobarba, a quanto risaltava il neo sul suo sopracciglio sinistro, come un bottone che mi piaceva spingere per accendere il suo sorriso”
Mancava solo che il pubblico si sciogliesse nel melenso ooooh tipico delle sitcom. Il ragazzino sapeva come metterli tutti nel sacco. L’odio negli occhi della Signora Floyd davanti allo schermo cresceva di pari passo con l’ammirazione di Mr. Mallory dentro di esso. Ci fu invece un caloroso e sbrigativo applauso, c’era di più, era nell’aria, e nessuno voleva perderselo.
“E per quanto riguarda tua madre? Te la senti di dirci com’è andata?”
“Non c’è molto da dire Dick. Come abbiamo detto, è molto difficile accettare quello che io e gli altri ragazzi siamo diventati. Siamo sempre umani, ma diversi. Non tutti riescono ad accettare questa diversità e purtroppo mia madre è stata una di quelle persone. Non gliene faccio una colpa, ha vissuto momenti difficili dopo la morte di mio padre, non avevamo altri parenti in città, non ha avuto nessun aiuto. Quando ho ricevuto queste capacità ne è rimasta sconvolta più di chiunque altro, e le cose peggiorarono quando dovette vendere la casa e trasferirsi in palazzo di periferia. Odiava quella vita e la sopportava per darmi un futuro migliore”
“Credi che te ne facesse una colpa?”
“Oh no. E’ solo che non poteva accettare il mio cambiamento. A differenza degli altri ragazzi ho ricevuto questi poteri in tenera età. A volte per i genitori è più difficile emanciparsi dai figli che non il contrario. Maturavo troppo velocemente, il mio modo di ragionare sempre più adulto le tolse l’idea che aveva del suo bambino, mentre dall’altra parte non crescevo come tutti gli altri. Non voleva che fossi diverso dagli altri, ma so che in fondo era in buona fede. Le fu tolta l’infanzia che sognava di dover vivere con me”
“Ed oggi è ricoverata in una clinica dico bene?”
“Esatto Dick. Si sta curando ma è un percorso molto molto lungo. Sembrava stesse riprendendosi quando ci fu il secondo incidente”
“Vuoi dire l’assalto alla scuola?”
“No, perdonami. Quello che per voi è il secondo in realtà è il terzo per me. Il secondo incidente è stato quello dell’autobus, il terzo l’assalto alla scuola. Il primo è quello con cui ho ricevuto le mie capacità, anche se non è stato un incidente eclatante come gli altri due”
“Ce lo puoi raccontare? Esistono un milione di teorie”
“Già, una manna per complottisti. Non ho problemi a parlarne ma potrei deludervi, i fumetti di supereroi hanno immaginato ogni possibile variazione sul tema e devo dire che è successo in un modo assai poco fantasioso. Stavo giocando nel campo di granturco sul retro di casa nostra. Mia madre mi aveva chiamato per cena, il sole stava tramontando proprio in quel momento, quando vidi qualcosa: una buca o un cratere. I fusti del granturco erano rinsecchiti tutt’intorno. I miei ricordi di quel giorno sono molto frammentati. Ricordo una luce molto intensa, rossa e violacea poi il vuoto. Mi sono svegliato l’indomani mattina nel mio letto, mia madre non volle mandarmi a scuola, disse che ero svenuto. Mi fece visitare da un dottore ma secondo lui ero sano come un pesce. Nella buca non c’era niente, nessun meteorite kryptoniano, nessun ordigno sperimentale del governo. Solo una buca nel terreno, grande abbastanza perché ci finissi dentro e mia madre potesse tirarmi fuori da sola.”
Il pubblico stava col fiato sospeso, lo stesso Mr. Mallory pendeva dalle labbra del ragazzo.
“Quando ti accorgesti che qualcosa era cambiato?”
“Più o meno da subito. Mi sentivo più intelligente, guardavo le cose con occhi nuovi, mi sembrava di capirle meglio, dalla forma della casa, le fondamenta, il tetto, il modo in cui le assi erano fissate. Il modo in cui gli uccelli volavano e si muovevano. Perché lo facevano in un modo e non in un altro. Come quando da bambino fai una domanda ai tuoi genitori e la risposta ti apre un mondo. Solo che non sentivo più tanto il bisogno di fare domande, se mi fermavo a riflettere su una cosa riuscivo a comprenderla da solo. E poi naturalmente c’era il fatto correvo senza più stancarmi. La mia cameretta era al piano di sopra nella casa della fattoria, e potevo buttarmi di sotto e atterrare con una capriola, e con un salto appendermi alle grondaie. Se cadevo, le mie ginocchia non si sbucciavano più, si arrossavano appena.”
“E tua madre quando capì che eri cambiato?”
“Subì un forte shock quando mi trovò nella buca. Divenne iperprotettiva per qualche tempo e mi resi conto che stava cambiando atteggiamento nei miei confronti. Credo fosse soprattutto il mio modo di parlare, dovuto alla crescita delle facoltà mentali. Potevo nascondere meglio i miei nuovi talenti fisici, evitare che mi scoprisse nei miei esperimenti di forza e resistenza, ma non controllavo altrettanto bene il mio linguaggio. O meglio: lo controllavo persino troppo bene per un bambino di sei anni. Naturalmente provai a spiegarle, ma non capì. Era troppo per lei. A volte faceva finta di accettare, di capire, ma era appunto una finta. Quando ci trasferimmo in città le cose peggiorarono, il suo stato di mentale precipitò e non riuscì a nascondere i suoi peggiori comportamenti, non solo con me, ma coi vicini, i miei insegnanti.”
“E i tuoi insegnanti invece? Immagino che loro si accorgessero del tuo cambiamento, che fossi diventato un piccolo genio”
“Non faccio per vantarmi Dick, ma ero un bimbo piuttosto sveglio a scuola già prima di… qualunque cosa mi sia successa in quel fosso dietro casa. Mentre diventavo più intelligente però accadde una cosa strana, metà dei miei insegnanti erano entusiasti di quanto fossi brillante ma non ebbero sospetti di sorta, immagino si sentissero molto gratificati e molto abili nel loro lavoro. Proiettavano su se stessi il miglioramento delle mie capacità, curioso non si facessero carico dello scarso rendimento degli altri invece. Sembravano gridare: se sei bravo è merito nostro, se sei un somaro è soltanto colpa tua. Da quando sono diventato più intelligente ho trovato molto tedioso andare a scuola, anche perché l’altra metà degli insegnanti non era affatto contenta dei miei progressi. Scambiavano il mio eloquio per supponenza, e detestavano che li correggessi quando sbagliavano”
“Correggevi i tuoi insegnanti?”
“Quando ho capito che mi causava soprattutto guai ho smesso”
“Ed alla fine hai abbandonato la scuola?”
“Come alunno sì. Ora insegno, così come i miei colleghi – ora si che è il caso di chiamarli in questo modo! – dei Coraggiosi Cinque originali”
“Com’è stato passare dall’altra parte della cattedra?”
“Oh Dick, terribile! I miei alunni sono dei veri somari”
Gran risata e nuovo applauso di approvazione. Camera 2 zooma sul sorriso complite e disteso di Mr. Mallory che rimanda a tutti per l’ultimo blocco dell’intervista del secolo a dopo la pubblicità.