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5. Le Piane di Eidolon

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L’avanzata del trio s’era fatta più rapida ed ora risalivano il lungo fianco d’una collina. Di tanto in tanto Ivara ordinava una sosta, le frecce occultanti cominciavano a scaricarsi più rapidamente a causa delle radiazioni che si spandevano dalle vicine pozze d’acqua nel suolo sempre più paludoso.

Il sole era ormai basso sull’orizzonte e man mano che il cielo sfumava in arancio dal suolo si facevano sempre più nitidi piccoli sbuffi di fumo azzurrastro. Quando il suo piede ne attraversava uno, Excalibur sentiva una vibrazione elettrica ed un lieve sbalzo di tensione.

“Residui magnetici di energia Void” disse Hydroid “ti danno fastidio?”

“Un poco”

“La sua energia è troppo bassa” brontolò Ivara.

“Noi li percepiamo” riprese Hydroid “i nostri corpi Warframe hanno un livello di energia più alto, e in percentuale il consumo per noi è risibile, ma per te potrebbe essere fastidioso”

“Riesci a percepire tutta la tua energia?” chiese Ivara ad Excalibur.

“Non saprei”

“Non che possa essere molta… quant’era il massimo per un Excalibur?”

“Non me lo ricordo” disse Hydroid.

“La zecca alla caviglia ti sta dando noie?”

“No, non più”

“Non mi sembra un buon segno” fece Ivara.

“Cos’è questo fumo azzurro?”

“Di preciso non lo sappiamo” disse Hydroid “una grande battaglia è stata combattuta sopra questi cieli. Guardati intorno: quelle specie di archi spinosi che spuntano qua e là sono quel che resta dello scheletro di grandi astronavi Orokin. Relitti della Vecchia Guerra, là dovette schiantarsi un incrociatore a giudicare dal diametro, i motori devono aver bruciato per mesi dopo lo schianto, il carburante ha impregnato il suolo in profondità e inquinato le acque. Tutti i laghi e gli stagni della zona emanano cariche elettriche e i nostri corpi Warframe reagiscono male. Di sera e di notte, quando la radiazione solare si attenua e poi svanisce, il calo della temperatura e l’umidità del suolo rilasciano tracce di energia”

“In parole povere tutte le piane sono appestate” fece Ivara.

“Perciò vi preoccupava il tramonto” disse Excalibur.

“No, non è per questo…”

Excalibur sentì dissolversi la voce di Ivara mentre un riverbero gli scuoteva l’elmo e la faccia raggrinzita di Capitan Vor si sovrapponeva ai suoi pensieri.

Trovato, il mio piccolo soldatino di piombo.

“Cosa gli prende?” brontolò Ivara.

“L’ascaris” disse Hydroid, e non fece in tempo a dirlo che una dopo l’altra quattro navette da sbarco e una cannoniera Grineer sbucarono d’improvviso sul cielo delle Piane.

“Li ha portati dritti da noi!”

“Abbiamo sottovalutato il vecchio bastardo”

“Sono un esercito” disse Ivara “in due non riusciremo a tenergli testa”

“Siamo in tre” provò a dire Excalibur, ma l’energia andava e veniva dal suo corpo, fiaccando ogni movimento e percezione.

“Quasi non ti reggi in piedi” disse Ivara “e guardali bene, dubito somiglino ai Grineer che hai visto al tuo risveglio. Al tuo attuale livello, e con quella zecca alla caviglia, non dureresti cinque minuti in battaglia con quelli”

“E’ in momenti come questi che mi manca Rhino” disse Hydroid.

“Quella stronzetta” sibilò Ivara “muoviti, portalo al cancello di Cetus, qui ci penso io”

“Da sola?”

“E da quando sarebbe un problema?”

Ivara uscì dalla bolla di occultamento e fece piovere frecce sui Grineer che sbarcavano a frotte dalle navette tutt’intorno. Scoccò un’ultima freccia occultante per nascondere i compagni e si getto nella boscaglia sfidando il nemico a viso aperto. Hydroid tese le braccia al cielo e le pendici acquose della sua corazza si levarono a mezz’aria per esplodere in una pioggia violenta che impregnava il suolo facendone un pantano per i Grineer, poi dissolse il proprio corpo in una massa d’acqua e avvolse Excalibur trascinandolo al riparo tra le rocce più alte.

Esplosioni e raffiche di armi automatiche rimbombavano per la vallata, i raggi obliqui del sole morivano all’orizzonte e il suono di una sirena sovrastò le esplosioni e il riverbero dei cargo che uno dopo l’altro scomparivano dal cielo. Ivara era scomparsa nella vegetazione, le sue frecce fendevano l’aria trafiggendo i corpi dei Grineer che resistevano, alzandosi in volo coi jetpack e bombardando la radura con armi pesanti.

Excalibur, stordito e senza forze, cercò di mantenere il contatto visivo sul campo di battaglia, animato dal desiderio di rendersi utile ma del tutto inerme tra le braccia del guerriero d’acqua. Hydroid aveva ormai perso ogni forma, turbinava tra la vegetazione come un frenetico blob acquatico, assottigliandosi sempre più fino ad assumere forma d’anguilla, una languida bara flessuosa che trascinava Excalibur tra gli anfratti di roccia sempre più in profondità.

Dal fango e dalle rocce sciami di vomvalyst, macroscopici insetti nerastri dall’esoscheletro scintillante, uscivano per la caccia notturna, fluttuanti come falene intorno a qualsiasi cosa si muovesse. Hydroid si assottigliò evitando di attirarne l’attenzione, poi li vide sgattaiolare tra le fessure di pietra, impazienti di trovare l’uscita della grotta.

Il tunnel scendeva in profondità per un centinaio di metri e fino alla sghemba impalcatura di legno e cianfrusaglie recuperate dalle piane tirata su dagli Ostron, il popolo di Cetus. Hydroid ricordava i giorni in cui li aveva aiutati a puntellare la caverna perché non crollasse, ed era solo grazie alla venerazione da loro nutrita per Ivara che anche lui era stato accettato dalla piccola comunità.

Il cancello era perfettamente incastonato nella roccia, di forma ovoidale e coperto di muschio sul lato esterno corroso sulle finiture dorate, fenomeno unico in tutte le reliquie Orokin il cui splendore sopravviveva al tempo. All’interno però, nell’antro del secondo tunnel, si percepivano tutti gli echi dell’antico splendore: levigate superfici bianco alabastro e opache superfici maiolica rischiarate da finiture giallo oro cesellate dagli artisti Ayatan. Le pitture rupestri degli Ostron, eleganti linee rosse stilizzate, si fondevano in anacronistico contrasto di vecchio e nuovo, in cui l’arte più recente appariva barbarica e primitiva, quella più antica moderna ed elegante.

Excalibur si riebbe un istante ed emise uno straziante grido di dolore. La zecca ascaris alla sua caviglia pulsò tanto che sembrava sul punto di esplodere. La galleria d’accesso per Cetus non era un semplice meccanismo inanimato ma una centrifuga elettromagnetica in grado di smembrare qualsiasi creatura riconosciuta ostile. La purezza genetica degli Ostron, mantenuta dal secolare isolamento, li rendeva quanto di più simile agli Orokin si potesse trovare in tutto il Sistema Solare. Per un motivo simile l’energia dei Warframe era riconosciuta in maniera positiva, mentre qualunque corpo estraneo, animale o Grineer, sarebbe stato trasformato in poltiglia. Benché inanimato, l’ascaris era un congegno Grineer che la centrifuga riconosceva come parassita, e gli reagiva. Hydroid avvolse il congegno con un fascio di tentacoli per tentare di isolarlo ma il cancello rimase chiuso, la centrifuga cominciò a vibrare in invisibili scariche magnetiche. Hydroid sentì il suo scudo consumarsi rapidamente, la gravità sparì e dovette rilasciare fasci di tentacoli per ancorarsi alle pareti. La gravità si fece brutale, la centrifuga agì con violenza crescente ed Excalibur fu trascinato al centro della stanza. L’ascaris si gonfiò, come pronto ad esplodere, ma lentamente la centrifuga si spense e i corpi dei Warframe ricaddero al suolo.

Hydroid strisciò stordito verso il compagno e vide l’ascaris ancora gonfio mentre la gamba di Excalibur era quasi del tutto rinsecchita. Il parassita si era gonfiato suggendo dalla gamba dell’Excalibur il plasma piezoelettrico per avvolgersi della sua carica positiva, così da essere riconosciuto parte integrante del Warframe.

Il cancello si aprì, la centrifuga era stata ingannata. Guardando la zecca che lasciava defluire il plasma verso la gamba di Excalibur, Hydroid si accigliò. Era solo questione di tempo prima che anche Cetus venisse violata.

 

 

 

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