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Stai leggendo: "Nella Terra dei Cani Pazzi" - di Quinto Moro

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Capitolo 24

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Presto Andy avrebbe compiuto cinque anni e Lily voleva mostrargli la città, i posti più belli in cui nemmeno lei era mai stata. In biblioteca aveva trovato libri fotografici e piantine della città studiandone tragitti e strade. Non era preoccupata per la sfuriata del padre che li avrebbe attesi al ritorno. Le faceva più paura l’idea di andarsene senza tornare mai più, e la spaventava proprio perché era quel che desiderava per sé e per Andy.

Lily aveva iniziato a tenere dei risparmi in una scatoletta di metallo che un tempo conteneva i suoi biscotti preferiti, e conservava ancora dolce odore di burro. Racimolava gli spiccioli del resto della spesa e ne restituiva sempre meno a suo padre, ma di quel passo ci sarebbe voluta una vita per risparmiare abbastanza da fare un giro della città o addirittura lasciarla per sempre. Senza contare che conservare monetine aveva il suo rischio perché facevano un gran rumore in quella scatola, ed avvolgendole in un fazzoletto ci metteva troppo tempo per rimettere al sicuro il forziere. I soldi di carta avrebbero risolto due intoppi al prezzo di uno.

Il vecchio Semiro al negozio di whisky era un taccagno e i prezzi delle sue bottiglie erano alti, cosa che si rivelò un vantaggio quando Lily escogitò il sistema per risparmiare sul whisky. In casa ce n’erano sempre un paio di bottiglie, il padre ne beveva già tanto da solo, e quando aveva ospiti il thè freddo piccante non doveva mai mancare. Lily smise di gettare via le bottiglie vuote, recuperando fin l’ultima goccia rimasta sul fondo, poi rubando ogni notte un po’ di whisky da questa bottiglia e un po’ dall’altra tornava a riempirne una vuota che teneva ben nascosta nel suo armadio. Altre volte, per risparmiare sul prezzo, comprava il whisky più economico e lo travasava nella bottiglia di quello più costoso. E quando finalmente riusciva a recuperare un’intera bottiglia dagli avanzi poteva anche evitare un viaggio al negozio per passare più tempo in biblioteca.

Per far funzionare l’inganno si era fatta assai premurosa nel servire personalmente il primo bicchiere, così da non far scoprire che la bottiglia fosse già aperta. Non che il padre mostrasse apprezzamento per quella o altre gentilezze, era cresciuto lo sprezzo nei toni e nei modi quando le dava ordini e Lily aveva smesso di guardarlo negli occhi, storcendo il collo al solo accostarsi dei corpi, ad ogni parola strillata con la sempreverde arroganza. Era stufa di continuare ad immaginarsi la prossima violenza, aspettando quella che ferendole il corpo non le avrebbe smosso una lacrima. Se fosse riuscita a non piangere più per causa sua l’avrebbe sconfitto. Le dispiaceva solo pensare che si trattava di suo padre e che ancora, nonostante tutto, era capace di volergli bene. Come nei sogni, quando si sentiva sollevata al cielo da quell’uomo che del padre aveva il viso e l’aspetto. Lily si chiedeva se non fossero ricordi di quand’era molto piccola o semplice immaginazione.

Dalla rottura della promessa antisberle Lily sentì d’aver perso qualcosa, e non si trattava solo dell’ultimo dei suoi molari da latte, volato a qualche angolo della casa e ignorato dal topo banchiere che aveva smesso di farsi vivo dalla nascita di Andy. Lily si chiedeva se alla perdita del suo primo dente di suo fratello il topo sarebbe tornato.

Ad un mese del compleanno di Andy sapeva di aver risparmiato appena per la metropolitana e due biglietti per lo zoo, senza contare che dopo l’ultimo schiaffo il padre aveva cominciato a darle sempre meno soldi per la spesa. C’era poi da pensare che l’anno successivo Andy sarebbe dovuto andare la scuola e il padre non se ne sarebbe affatto curato. Anche se a Lily la scuola non era mai piaciuta voleva che Andy ci andasse ad ogni costo così avrebbe potuto uscire di casa, stare in mezzo alla gente e vivere in un mondo che non fosse solo stretto nelle mura della sua stanza. Era una grande sfida e per vincerla bisognava correre grandi rischi, così cominciò a svuotare le bottiglie di liquori non più di qualche goccia ma di quattro, cinque o sei cucchiai per volta, aggiungendo la stessa quantità d’acqua.

Un giorno, dopo pranzo, il padre dormiva sul divano e lei s’era messa ad annacquare il whisky proprio sotto il suo naso. Non era la prima volta che lo faceva a quel modo, lenta e cauta ma plateale nei gesti. Era una stupida imprudenza ma l’aveva fatta franca altre volte, scoprendo quanto fosse divertente. Aveva perfino smesso di usare acqua buona prendendola dal rubinetto, che nel loro palazzo era schifosa e un po’ sporca, ma quel colore marroncino manteneva il whisky scuro al punto giusto. Si sentiva tutta fiera della bravata e sogghignava guardando il volto scuro e addormentato del padre, la bottiglia stretta tra le gambe e il cucchiaio a pescare l’acqua sporca dal pentolino sul tappeto. Non si accorse nemmeno quando gli occhi si aprirono cogliendola in flagrante.

“Che cosa stai facendo?” disse, la voce in crescendo verso un ringhio. Lily fu sul punto di ribaltarsi sul tappeto ma mentre lui si alzava a sedere stropicciandosi gli occhi si scoprì immobile, il cucchiaio a mezz’aria e il respiro sospeso.

Lui le strappò la bottiglia e guardò a turno Lily, il cucchiaio e il pentolino. Annusò il whisky diluito e intingendo un dito nell’acqua lurida per assaggiarla il suo volto si torse per l’ira.

“Tu! Piccola maledetta bambina schifosa! Mi vuoi avvelenare? Piccola ingrata! Maledetta! Lurida, brutta... verme!”

Lily corse a rifugiarsi in camera. Svegliato dalle urla, Andy s’era drizzato a sedere sul letto. “Cosa c’è?” piagnucolò assonnato mentre lei lo stringeva portandogli le coperte sino alla testa. “Ssst! Papà è arrabbiato”

Dal soggiorno si sentì un fracasso di oggetti rotti, imprecazioni e urla bestiali, poi il silenzio. Forse gli si erano staccate le corde vocali, o era andato ad infrangersi anche lui contro il muro. Lily uscì dalle coperte e andò a chiudere a chiave la porta della stanza, neanche il tempo di tornare a letto che la vide andare in pezzi e il padre emergere dalle schegge ansante e sudicio come un orco affamato.

“Lily” disse Andy sottovoce “papà è indemoniato?”

Lei avrebbe riso per quel tono tutto serio e gli occhi sgranati più per curiosità che per paura, se un altro pugno non avesse mandato in frantumi anche la specchiera del comò.

“Dunque… tu mi avveleni la bottiglia con acqua di fogna… e metti il whisky buono in un’altra… togli da una e metti nell’altra… questa è quasi piena, quindi mi freghi il liquore… e se non è per bertelo tu è per rubarmi i soldi che ti do per comprarlo!”

Nonostante la morsa alla gola e allo stomaco e la tensione protettiva nei confronti di suo fratello Lily fu sul punto di ridere e gridargli in faccia quel che pensava: “Si! È stato divertente prenderti in giro e ti volevo avvelenare perché è quello che ti meriti, perché sei tu ad essere velenoso!” Oppure avrebbe detto una bugia tipo: “se lo diluivo con l’acqua schifosa poi non ti piaceva più e la smettevi di bere”. No. Probabilmente si sarebbe bevuto tutte le cose del mondo, cervello compreso, ma non quella finta premura. La ricostruzione era perfetta, aveva capito tutto.

“Bravo” disse “tu sì che sei intelligente.”

Le parole le uscirono di bocca senza rabbia, giusto con quel sarcasmo che sperava lo distraesse dalle sole cose che le interessava proteggere. Provocalo, pensò, fallo infuriare, basta che non arrivi a chiedersi il perché. Sciolse Andy dall’abbraccio e gli indicò l’armadio perché vi si rifugiasse mentre lei scattava in piedi sul letto, pronta ad accogliere sberle ed ogni sfizio che desiderasse togliersi per rabbia. Inutile!

“Adesso mi dici dove hai messo i soldi delle mie bottiglie” tuonò lui.

“Non ci sono i soldi” gridò lei “li devo spendere per far mangiare mio fratello, perché tu ci fai fare la fame!”

“Sei una bugiarda!” ruggì spalancando gli armadi e lanciando in aria vestiti e coperte. “Ti freghi anche quelli di soldi! Dove il hai nascosti?”

“Non c’è niente! Niente!” ma il padre era un tornado che faceva volare vestiti dai cassetti, ribaltando i materassi e infine scorgendo e violando la fessura tra il muro e l’armadio. Tastò il freddo metallo della scatola il cui tintinnio svelata il tesoro di banconote e spiccioli. Lily gli si scagliò addosso per riprendersele. Troppo tardi.

“Adesso tu non uscirai mai più da questa casa. Mai più. Sono stato chiaro?” ruggì, e mentre la teneva schiacciata a terra con un ginocchio sul petto le sfregava le banconote sul viso, strappandole in pezzetti sempre più piccoli, lasciando piovere i coriandoli verdi tra i suoi capelli scarmigliati e umidi.

“Erano per Andy” mormorava. Stava piangendo e non se n’era accorta. “Erano per Andy.”

“Tu devi smetterla di occuparti di tuo fratello. Lo farai diventare una femminuccia come te, ma tuo fratello dovrà diventare un uomo e dovrà diventare come me.”

“Preferirei vederlo morto!” gridò, e subito si sentì ferita dalla cattiveria di quel pensiero e dalle sberle in risposta a ciascuna di quelle sillabe. Il suo collo aveva rinunciato a fare da contraccolpo alle sberle, arrendendosi sul fianco della spalla, costringendola a guardare nell’armadio socchiuso gli occhi sbarrati di Andy. Il più grande orrore che Lily potesse immaginare non era che il fratello dovesse assistere alla follia del padre, né che avrebbe potuto fargli lo stesso. No, era che quel bambino potesse diventare un giorno come il padre, e gli occhi gonfiati dal pianto e dalle sberle le parvero ingrossarsi come lenti che rendevano il bambino più grande, già uomo, occhi sgranati non più di paura ma di rabbia, le mani trasformate in mannaie assassine.

 

Dalla tromba delle scale minacce e insulti si ripetevano ma Lily sentiva già l’aria fredda dall’uscio schiuso del portone, ed in strada l’abbraccio umido del primo pomeriggio. Le fronde dell’albero in fondo alla strada erano immobili. Non c’era vento. L’aria che le stava asciugando i capelli era il vento della corsa, il suo freddo un mediocre sostituto del ghiaccio contro il gonfiore incalzante delle guance. I suoi occhi non vedevano i semafori. Strade e marciapiedi come sopra un rullo, spinti lontani dietro le sue spalle. I piedi ribollivano pestando veloci e più forte, sempre più forte.

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