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Stai leggendo: "Lala Land" di Quinto Moro

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Ore 17:00

 

I capelli di Sandy erano svaniti in una fiammella guizzante e Lala aveva ancora il fiammifero in mano quando suonarono alla porta. Lala corse ad aprire senza pensarci due volte, sperando che il postino pentito fosse tornato a restituirle il fratello.

Non era il giovane magro e trasandato ma un signore dal faccione pieno, i capelli grigi e spelacchiati, di una bruttezza gentile, avvolto in un vestito nero che non ne nascondeva la grassezza. Delusa e intristita, Lala ci mise un poco a collegare quel vestito e quel colletto bianco alla figura d’un prete, ma ci mise meno a chiedergli d’andarsene perché era sola in casa.

“Allora non avresti dovuto aprire senza chiedere chi è” disse il prete che lanciò a Lala uno sguardo penetrante in attesa di risposta, che non arrivò. Lala non ebbe la forza di fare resistenza mentre quello chiamava dalla porta annunciandosi, dicendo che era venuto a benedire la casa e se poteva accomodarsi.

“Chi tace acconsente, giusto?” fece il prete entrando in casa, ondeggiando con quel suo corpo grasso e continuando a chiamare e chiedere permesso. All’unica porta rimasta chiusa quello si mise a bussare scatenando l’ira di Lala: dietro c’erano i suoi fratelli e non aveva intenzione di farli avvicinare da nessun altro. Per un istante, schiacciata tra il pancione nero del prete e il legno bianco della porta, Lala si sentì stupida e un po’ bugiarda, perché di fronte a quell’omone avrebbe potuto far poco, e perché così tante volte aveva desiderato che i fratelli non fossero mai nati, e che sparissero. Così era stato per gli ultimi due, perché a Terry s’era ormai affezionata, almeno sapeva parlare e non piangeva a sproposito. Terry era buono, non faceva arrabbiare la mamma, così lei s’innervosiva un po’ meno, mentre Timmy e Tony la facevano impazzire a suon di pianti, urla e pannolini sporchi.

“Cosa stai nascondendo dietro questa porta?” chiese il prete, il tono un po’ severo, come sospettasse un qualche guaio.

“I miei fratelli stanno dormendo”

Il prete si accostò alla porta per auscultare, schiacciando Lala contro il suo abito nero. Un po’ puzzava.

“Non li sento russare”

“I bambini non russano!”

“Ma si invece, ne ho visti tanti di bambini addormentati”

Il prete afferrò la maniglia, Lala cercò di fermarlo e fece per strillare ma si ritrovò la bocca tappata da quel vestito nero. Il prete era come una massa informe di carne e stoffa, un blob di rotoli di ciccia avvolgente che avrebbero potuto inghiottire un bambino senza mangiarlo, assorbendolo direttamente dalle cosce e dalla pancia.

La porta si aprì e Lala ruzzolò con le chiappe a terra. Il prete si avvicinò alla culla di Tony con passo incredibilmente leggero, sembrava muoversi sulle punte come una ballerina o un grande fantasma nero. S’avvicinò poi al lettino di Terry, che grattandosi la pancia scoperta da quel pigiamino grigiazzurro era a metà tra un delfino spiaggiato e un panzuto tracanna birre.

“Proprio un bel bambino” disse il prete allungando la mano ad accarezzargli i capelli.

Lala faceva sempre fatica a capire cos’era un bel bambino per i grandi, che lo dicevano di chiunque. Perciò non le piaceva sentirsi chiamare bella bambina, le veniva in mente quella filastrocca: il sole bacia i belli, il sole bacia i brutti, il sole bacia tutti. Se tutti i bambini erano belli, anche quand’erano brutti e spettinati come Terry in quel momento, allora nessuno era davvero bello, nemmeno Lala.

Il prete fece due gesti di benedizione e uscì dalla stanza. Curioso come per una volta, ad attirare le attenzioni non fosse il pargolo più piccolo. E per fortuna il prete non aveva fatto domande sulla culla vuota del piccolo Timmy.

“Visto che sei sola cosa ne dici se ti faccio un po’ di compagnia? I tuoi arrivano tardi?”

“Mamma torna dopo le sette” disse Lala.

“E il tuo papà?”

“Non so quando torna”

Lala tornò alla porta che era rimasta aperta, il prete non la seguì per andarsene, anzi lo vide sparire in cucina. Lala afferrò il suo sgabello, pensando per un momento di darglielo in testa, o di cacciarlo via come una domatrice di leoni. Quando però lo raggiunse e lo vide seduto bel bello sul divano, non riuscì a protestare davanti a quel faccione che per quanto brutto era pacioso e sorridente, e faceva un sacco di complimenti all’arredamento della cucina e a Lala, che per un po’ rimase seduta sul suo sgabello, fissandolo zitta zitta.

“Dei bei bambini come voi non dovrebbero restare soli in casa”

“Infatti” disse lei tra i denti, scoprendosi arrabbiata, furiosa coi genitori e con tutto il palazzo che non l’aveva aiutata nel momento del bisogno. Voleva sfogarsi, lamentarsi e dire parolacce, ma davanti al prete non era il caso. Cedette all’invito di sedergli accanto.

Il prete le diede la mano, per fare le presentazioni ufficiali, e quando Lala gli disse il suo nome quello notò che sulla spalliera dello sgabello c’era un’incisione.

“Ma allora qui c’è il tuo nome” disse seguendo col dito le lettere sulla piccola spalliera “Lala Land?”

“Quando stava scrivendo il cognome mio papà si è tagliato un dito”

Il prete tirò indietro la testa come spaventato: “gli sono rimaste solo nove dita?”

“Ma no” fece Lala, che per il tono e la faccia del prete si lasciò scappare un sorriso “si è solo tagliato un po’, ma non l’ha più finito”

“E sei diventata Lala Land” rise il prete.

Lala annuì, un pelo più rilassata, anche se ricordare quell’episodio non era affatto piacevole, non solo per lo spavento di vedere tutto quel sangue sulla mano del papà: quel giorno lui e la mamma avevano litigato moltissimo. Invece di medicarlo la mamma gli aveva gridato contro che non doveva usare il coltello in quelle condizioni, lui le diceva di farsi gli affari suoi e s’erano quasi picchiati, col papà che brandiva ancora il coltello. Lala si era tanto spaventata che aveva strillato e pianto per un’ora, mentre il papà se n’era andato via sbattendo la porta. Alla fine non era successo niente di grave ma si chiedeva spesso se quel suo grido fosse servito a fermarlo, e cosa sarebbe successo se fosse rimasta in silenzio. A quel ricordo s’aggiunse il pensiero di Timmy: doveva fare qualcosa, chiedere aiuto al prete, fargli chiamare l’ufficio postale e ritrovare il postino pazzo. Ma non ci riuscì, e scoppiò a piangere.

Il prete, certo abituato a consolare i bambini, l’abbracciò e cominciò a coccolarla, chiedendo quale fosse il problema. Lala riuscì solo a borbottare che era per via d’esser rimasta sola in casa. C’era abituata, ma quello era stato un bruttissimo pomeriggio. Il prete disse che adesso c’era lui e l’avrebbe fatta sentire meglio, la cullò finché non si fu calmata, ma anche dopo non smise di accarezzarle i capelli, e non voleva scioglierla dall’abbraccio. Lala cercò di liberarsi ma quello continuava a farle sshhh, di stare zitta, come non si fosse accorto che aveva smesso di piangere. Lala guardò Sandy dall’altro lato della stanza, ai piedi della stufa ancora aperta. Sandy la fissava coi capelli rovinati e lo sguardo vuoto, non provava nessuna pena per Lala che avrebbe voluto chiederle scusa, perché in quel momento si sentiva proprio come lei, una bambola incapace di ribellarsi. Ma Lala non era di plastica e coi suoi denti scheggiati affondò un bel morso nella carne del prete che urlò, finalmente la stretta delle sue braccia s’interruppe e Lala fu scaraventata a terra, atterrando di stomaco sul suo sgabello. Il prete s’eresse come un orco e la insultò come mai nessuno aveva fatto, con le parolacce più gravi e sporche che Lala non aveva mai detto. Dalla stanza dei fratelli partì il trillo di Tony svegliato da quel baccano, e come per un richiamo animale il prete corse fuori dalla cucina.

Lala si rialzò reggendosi sul suo sgabello e trascinandosi lungo il corridoio, curva per il dolore alla pancia. Vide quella massa nera uscire dalla stanza dei fratelli e poi fuori di casa, un grido le morì in gola ma s’accorse che grazie a Dio il pianto di Tony veniva sempre dalla stanza, perciò non era stato portato via. Lala fece scattare la serratura e s’accasciò per riprender fiato. Non era mai stata tanto contenta di sentire Tony piangere e prenderlo in braccio. Quando però si voltò vide che Terry era sparito dal suo letto.

S’erano dunque fatte le sei e aveva due fratelli di meno.

 

 

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