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Stai leggendo: "Una storia di scheletri e giganti" di Quinto Moro

 

2. Il super potere

 

Nella caverna c’era un divano. Stava esattamente al centro, ed era tutto sformato. Per metà, ci si sedeva il gigante, perciò il suo lato era un pastrocchio di tessuto sbrindellato e imbottitura smangiata. L’altro lato era il preferito di Marmaglia, che a volte ci dormiva. Quando Marmaglia non dormiva, piagnucolava. A volte i suoi lamenti svegliavano Ninni, che si rigirava nella sua calda nicchia di cuscini e coperte, tappandosi le orecchie. Sperava sempre che Marmaglia smettesse di lamentarsi, sia perché gli faceva paura, sia perché gli dava angoscia. C’era da sentirsi in colpa se a gemere per la poca carne ormai rimasta sul suo corpo, Ninni pensava ai bocconi che Marmaglia si strappava di dosso per fargli passare la fame. C’era da perdere il sonno, vedendo Marmaglia leccarsi le ferite, a tamponare i solchi dei denti tra fiotti di lacrime e sangue, staccandosi brandelli per cibarsene a sua volta, perché per quanto fosse scheletro, qualcosa doveva pur mangiare. Ninni cercava di stare a digiuno, perché capiva che di Marmaglia non restava molto. Gli sarebbe piaciuto perdere il contatto dei polpastrelli che resistevano sulle sue dita, e che l’accarezzavano nei giorni più freddi. Era rimasta poca pelle sul torace, a difendere i polmoni ormai esposti che fischiavano come zampogne bucate, e il cuore malandato. Restava poco anche del viso, delle labbra che Ninni ricordava solo in sogno morbide e cariche di baci, che dopo essersi avvizzite erano state strappate dalla fame del gigante.

“Ninni!” disse Marmaglia, accorgendosi che se ne stava lì a fissare come faceva a volte “devi fare pipì?”

Ninni scosse la testa. Nel buio, non si vedeva, ma Marmaglia lo capì lo stesso.

“Vieni qui” disse Marmaglia. Ninni si avvicinò piano. Diventava ogni volta più difficile, man mano che le dita di Marmaglia si scarnificavano, che il suo respiro si faceva più affannoso, avvicinarsi. Avvicinarsi per dirsi che tutto sarebbe andato per il meglio e che il mondo là fuori poteva accogliere tutti, anche un nano e uno scheletro. Quando Marmaglia lo sfiorò con le dita Ninni rabbrividì e scattò indietro. Marmaglia si allungò per afferrarlo, e strettolo con forza grugnì tutta la sua rabbia.

“Cos’è? Ti faccio schifo?”

Ninni scosse la testa, ma non sapeva se il gesto poteva esser colto dagli occhi prosciugati di Marmaglia. Marmaglia era in attesa, le ossa strette al suo polso e il respiro sospeso. “No” disse infine Ninni.

“Vieni qui”

Marmaglia l’avvinghiò tra le sue ossa, stringendoselo con la testa tra il collo e la spalla, dove tenui fasci di muscoli sopravvivevano, umidi e con l’odore caratteristico della carne cruda esposta all’aria senza la protezione della pelle.

“Su” disse Marmaglia “mangia”

Ninni posò le labbra sulla spalla e non riuscì a mordere. Aveva imparato a riconoscere la consistenza della carne morsa da Pastrocchio. I suoi denti grossi e storti lasciavano presso il morso una poltiglia gelatinosa, disgustosa ma anche più facile da digerire. Ma Ninni si rendeva conto tanto del dolore di Marmaglia quanto del fatto che, una volta esposto l’osso all’aria, la carne e la pelle non ricrescevano.

“Devi mangiare per diventare grande e forte” diceva Marmaglia “se vuoi uscire di qui devi diventare forte come Pastrocchio”

“Sarò anch’io un gigante?”

“No, perché i giganti sono malvagi. Non devi fidarti di loro. Non serve diventare un gigante per essere abbastanza forte. Tu hai un super potere: più diventi grande e più lui diventerà piccolo. Quando si sarà rimpicciolito abbastanza avrete più o meno la stessa altezza, forse la stessa forza. Ma se ti metterai a mangiare la gente come fa lui diventerai un gigante malvagio.”

“Allora perché vuoi che ti mangio? Io non voglio farti male” disse Ninni.

“Ti serve per diventare grande, almeno un po’ di più, e diventare più forte”

Ninni allungò la mano sulla carne lacera di Marmaglia. Strinsero insieme i denti, Ninni per mordere e Marmaglia per assorbire il dolore.

“Non far cadere il sangue” disse Marmaglia “metti la mano sotto. Non sprecarlo”

Ninni obbedì e inghiottì amaro, poi Marmaglia lo mandò via, e mentre quel po’ di carne gli si agitava nello stomaco, Ninni sentì d’essere cresciuto un poco. Marmaglia avrebbe fatto di tutto per aiutarlo ad andarsene, ma non era ancora il momento. C’era da crescere in fretta, perché era solo questione di tempo prima che il gigante con la sua fame li divorasse entrambi.

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